Si è congedato in silenzio, come chi non ha bisogno di parole per restare. Papa Francesco o semplicemente Franciscus, ha attraversato l’ultima soglia della vita senza strepiti, senza gesti che segnassero distanze. Nel cuore di una Roma che si risvegliava lenta, sotto un cielo incerto, il mondo si è stretto attorno a lui come attorno a un amico che si teme di perdere, ma che già si sa di portare dentro.
Non sono bastate le vesti ufficiali a contenere il sentimento che lo accompagnava. Non erano le delegazioni, le autorità, i cerimoniali a riempire la piazza: era il popolo, con il suo dolore discreto, con la sua fede nuda, a far vibrare l’aria.
Era il mondo dei semplici, quello che Francesco aveva scelto fin dall’inizio, rifiutando ogni artificio, ogni barriera, ogni distanza.
Non era l’addio a un sovrano
Era il saluto a un uomo che aveva camminato al nostro fianco, inciampando come noi, rialzandosi con la stessa fatica e con la stessa speranza. Un Papa che non si era seduto sui troni, ma sulle panche logore delle periferie; che non aveva parlato dall’alto delle cattedre, ma chinandosi sul dolore degli uomini, facendosene compagno di strada.
Ora che il suo nome riecheggia nei canti sommessi, ora che la sua figura scompare nel grembo della terra, resta la sostanza di un’esistenza cucita sulle piaghe del tempo. Francesco ha insegnato che la grandezza non si misura in metri quadrati né in applausi, ma nell’ampiezza di abbracci che si sanno offrire a chiunque abbia il coraggio di chiedere.
L’ultimo viaggio
Non ha fondato dinastie, né edificato monumenti. Ha disegnato sentieri. Sentieri fatti di perdono, di inclusione, di ascolto ostinato. Sentieri che sanno che la verità non abita nei proclami, ma nei passi esitanti di chi cerca senza mai sentirsi arrivato.
Nel suo ultimo viaggio, Francesco ci consegna una Chiesa meno armata di dogmi e più fragile, ma proprio per questo più umana. Una Chiesa capace di sedersi a fianco degli scartati, di dare voce agli inascoltati, di prendersi il tempo per asciugare una lacrima senza domandarne l’origine.
Una Chiesa che somiglia, forse per la prima volta dopo secoli, al volto misericordioso che ha sempre proclamato.
Le storie
Chi ha attraversato Piazza San Pietro in questi giorni non ha portato solo fiori o preghiere. Ha portato storie. Le storie spezzate che Francesco aveva saputo raccogliere senza giudicare. Le vite che aveva abbracciato senza chiedere nulla in cambio.
Era una processione di umanità, fatta non di cortei ufficiali, ma di passi lenti e autentici. Non c’è alcun bisogno di edificare mausolei per chi ha costruito la sua memoria nei cuori. Non c’è bisogno di affreschi solenni per chi ha dipinto la sua eredità sulle mani tese, sui bambini salvati, sugli anziani consolati.
Francesco non lascia un vuoto da colmare. Lascia una direzione da seguire. E in quella direzione, forse senza nemmeno accorgercene, stiamo già camminando.