Ntiémpörëuèrra, la storia raccontata da Maurizio Sinagoga ferisce e fa ridere. Le radici parlano cassinese

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Ntiémpörëuèrra, uno spettacolo che ti entra nelle ossa, nel cuore, nell’anima. Ancora una volta Maurizio Sinagoga e la sua fantasmagorica Maria Nardone fanno centro. Gli Attori per Caso emozionano, fanno ridere e piangere. Per i cassinesi quella della guerra è una ferita mai sanata. Qualcuno ci prende in giro, qualcuno ci critica, in definitiva molti non capiscono. Perché quella ferita ci scorre dentro, dai nostri nonni, dai genitori che ci raccontano di una Cassino ridotta a una palude piena di macerie e poi una città della ricostruzione di nuovo verde e con i suoi caratteristici quartieri popolari. Di una Cassino ricordata e immortalata nelle immagini custodite nell’archivio di Ivo Sambucci, quella che fu prima della devastazione della guerra, quella che è diventata dopo. Quel legame a doppio filo con Montecassino dove, proprio durante la guerra, tanta gente ha cercato rifugio, dove qualche bimbo è venuto al mondo sotto l’arco Pax, sotto i bombardamenti. Dove altri si sono nascosti a due passi da San Benedetto.

Impossibile riuscire a spiegare quella sensazione, quella pelle d’oca che viene nell’ascoltare le canzoni, le nenie che accompagnavano i cassinesi i quei tristi giorni e che, nel corso degli anni e dei decenni, sono andate quasi perse. Quel senso di appartenenza che rivive e che riunisce molte anime. Le testimonianze, le parole, i testi in dialetto sono stati recuperati e curati con immenso amore da Maurizio Sinagoga che ha fatto un enorme lavoro, con il supporto dei suoi ragazzi, per restituire ai cassinesi una parte della loro storia. Quello che ieri sera è andato in scena al teatro Manzoni è stato un viaggio nel tempo, nella platea ancora qualche testimone, qualcuno che di quei racconti ne è stato protagonista. Sono trascorsi 80 anni ed è difficile immaginare una Cassino diversa. Quelle persone che sopravvissero, quelle che rimasero sotto le macerie, quelle che fuggirono hanno scritto la storia di questo territorio. Poi ci sono quelli che si rimboccarono le maniche, le donne soprattutto, diventate dure, rudi. Donne che hanno fatto da madre, da padre, da manovale, donne che hanno ricostruito la città sostenute dagli uomini rientrati a casa. Donne dalle mani ruvide, dalle gonne sporche e dai fazzoletti annodati in testa. Pochi abbracci, tante urla, toni duri e cuori forti. Il dialetto, l’odore del pane sfornato e custodito nello strofinaccio, quella voglia di essere se stessi senza troppe costruzioni, la gioia di condividere e di mangiare insieme, una “fressora cient furchett”. Quella voglia di tornare a ridere dopo le lacrime, di tornare a sentire i bambini urlare e non le bombe esplodere. Della storia di Cassino ne sanno molto di più all’estero che non a Cassino, ma grazie ai lavori come quello di Sinagoga con il suo Ntiémpörëuèrra si può continuare a sperare che la memoria storica non stia andando persa. In ogni scena, racconto, interpretazione degli Attori per Caso, è rivissuta una piccola grande parte di Cassino. Scena dopo scena, la memoria prende spazio, e sembra quasi che i cuori, anche i più distanti, tornino a battere all’unisono.

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