Civitas Mariae, la verità tra chiacchiere e distintivi

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Quando il Sindaco Enzo Salera dichiarò Urbi et orbi, all’alba del 9 Luglio: «Cassino è Civitas Mariae», disse una cosa non vera. Non in malafede, ma sicuramente per scarsa conoscenza degli atti. Infatti, la delibera che il giorno prima approvò la giunta, la famosa n. 162 dell’8 Luglio 2020, revocata ieri, era soltanto (si fa per dire) una richiesta di proclamazione a “Città di Maria” da indirizzare al Vescovo della Diocesi di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo. Anche se l’oggetto dell’atto porta il titolo: Proclamazione della città di Cassino “Civitas Mariae”. (Leggi anche Il Comune revoca la delibera Cassino Civitas Mariae)

A chi spetta la proclamazione

L’elevazione di Cassino a Civitas Mariae non è di competenza del Comune. Secondo prassi, infatti, la giunta e il consiglio comunale accolgono la richiesta da parte di un rappresentante ecclesiale e a loro volta deliberano una ulteriore richiesta di proclamazione al Vescovo che, poi, secondo le norme della vigente legislazione canonica dispone il decreto di elezione della città a Civitas Mariae. Fatto questo chiarimento è palese che gli atti del Comune sono solo e soltanto un mezzo per certificare che anche l’istituzione è d’accordo sul fatto che la tradizione e il culto dei cittadini giustificano tale elevazione.

Patrono e compatrono

Per la Chiesa i termini “patrono”, “compatrono” e “protettore” sono sinonimi. Anche se il primo sostantivo è quello usato istituzionalmente e più diffuso. Con il termine “compatrono” (dal latino compatronus, ‘patrono insieme con altri’) ha il significato di santo che condivide il patrocinio con uno o più patroni. È dunque errato considerare i compatroni, se aeque principales (egualmente principali), alla stregua di patroni secondari (ossia minus principales). Per dirla terra, terra: se San Germano è compatrono di San Benedetto non significa che sia un suo vice, ma sono alla pari. Il discorso è diverso qualora San Benedetto sia patrono primario e San Germano patrono secondario. Cosa che al momento non c’è dato sapere.

Cassino ha avuto come patrono primario fino alla metà degli anni novanta San Germano. Dopo di che basandosi sul breve Pacis nuntius con cui Papa Paolo VI ha proclamato san Benedetto da Norcia patrono d’Europa il 24 ottobre 1964 in onore della consacrazione della Basilica di Montecassino, si decise di elevare a compatrono il santo di Norcia. Qui entrò anche in gioco il Comune, perché lo Stato italiano “concede” soltanto un giorno festivo per le celebrazioni del santo patrono e il consiglio comunale dell’epoca si espresse per il 21 marzo, giorno in cui si celebra San Benedetto. Ufficializzando de facto il suo patronato.

La teoria del complotto

Molti hanno visto dietro alla possibile elevazione di Cassino a Civitas Mariae il possibile tentativo di cercare di scalzare San Benedetto dal patronato della città martire, è vero che tutto si può fare, ma bisogna avere le prove. Anche perché non è che sia così semplice defenestrare un Santo e metterne un altro. C’è da dire, poi, che cambiare Patrono ogni venticinque anni non è che sia una cosa molto carina e di cui andare orgogliosi. Detto ciò, per quanto riguarda i Patroni, la Chiesa dei paletti li ha messi da un bel pò.

Le Normae de patronis constituendis promulgate il 19 marzo 1973 da Papa Paolo VI hanno stabilito una riduzione del numero dei santi patroni per snellire i calendari liturgici delle Chiese principali. Tra le regole indicate si legge: laddove possibile «ci sia un solo patrono». E poi: «I patroni, sia principali sia secondari, costituiti in passato per particolari circostanze storiche, come pure i patroni scelti per situazioni straordinarie, per esempio la peste, la guerra o altra calamità, oppure a motivo di un culto speciale attualmente in disuso, d’ora in poi non devono più essere onorati come patroni». Le normae hanno soprattutto confermano che la scelta del patrono spetta a coloro che godono della sua protezione. Ovvero non solo al vescovo e ai preti ma anche e soprattutto al popolo che è esplicitamente chiamato a esprimersi mediante pubbliche consultazioni. Dunque, possiamo stare tranquilli. Tutti. Nella remota ipotesi l’ultima parola spetterebbe sempre alla città.

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