Gabriel Feroleto poteva essere salvato

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Gabriel sarebbe potuto essere qui, avrebbe potuto spegnere le candeline sulla sua torta di compleanno, avrebbe potuto giocare ancora spensierato. Sarebbe facile dire che il destino non ha voluto così, che la sorte si sia messa di traverso ma non possiamo prendercela con il caso, perché quel 17 aprile 2019 con il piccolo c’erano delle persone. Quelle che più avrebbero dovuto proteggere e amare Gabriel, tenendolo lontano da qualsiasi pericolo. Mamma e papà, le persone che danno la vita. Ma non tutto va sempre come dovrebbe, non ci sono spiegazioni razionali per alcuni gesti, e questo, forse, è quello che spaventa di più. Non sapere il perché, non accettare nessuna giustificazione, perché niente può giustificare.

Quel maledetto 17 aprile

Ieri in un’aula del Palazzo di Giustizia di Cassino è stato “raccontato” quello che sarebbe successo quel maledetto 17 aprile. Era stata una giornata tiepida in località Volla, un giorno primaverile iniziato come tanti poi, all’improvviso,il buio sulla vita di un bimbo di soli due anni e mezzo con la passione per i vigili del fuoco e le macchinine. A pochi passi dallo stabilimento Fca, immersi nel verde rigoglioso, Gabriel è stato strappato alla vita. Ieri in aula il medico legale Stefano Manciocchi incaricato di eseguire l’esame autoptico sul piccolo Gabriel ha escusso la relazione redatta con l’anatomopatologo Gabriele Margiotta. Asfissia meccanica durata tra gli otto e i dieci minuti.

Una pressione, occlusione naso-bocca compatibile con una mano ma anche altre ipotesi. Gabriel si sarebbe potuto salvare, se chi ha premuto quella mano sul suo piccolo volto, spegnendo il suo sorriso per sempre, si fosse fermato. Se qualcuno avesse visto o sentito.

66 minuti

Se un’automobilista fosse passato in quel momento. Quando furono chiamati i soccorsi spiegando che il piccolo era stato investito, i medici del 118 tentarono di rianimarlo per 66 minuti, un’ora interminabile. Le strade dei genitori del bimbo si sono divise, il padre Nicola Feroleto, difeso dall’avvocato Luigi D’Anna, era presente in aula, mentre la madre, Donatella Di Bona, difesa dagli avvocati Lorenzo Prospero e Chiara Cucchi, ha chiesto il rito abbreviato, ora condizionato allo svolgimento della perizia psichiatrica. Tanti i dettagli di quella giornata, istantanee che sono state colte durante le indagini dagli inquirenti. Una vita si è spezzata, in tanti si sono chiesti se ci fosse stato un intervento prima, se ci fossero state più attenzioni verso questa famiglia. Tanti i se, ma di certezza ce n’è una, Gabriel si è svegliato quel 17 aprile, un mercoledì come tanti, c’era il sole in alto nel cielo.

Poi nel pomeriggio le nuvole, la pioggia, il silenzio pesante nella contrada Volla in cui il piccolo abitava con la madre, la nonna e lo zio. Gli occhi di tutti puntati su quel vialetto e su quel fazzoletto di terra poco distante da quella casa. L’eliambulanza ferma, vuota….il giallo forte su quel verde del prato. Poi le pale che si rimettono in moto e l’elicottero che si alza, vuoto, terribilmente vuoto, dolorosamente vuoto.

Sogni spenti

Gabriel, forse, già sognava un uovo di Pasqua, che sarebbe arrivato proprio quella domenica. Invece i suoi sogni si sono spenti, il suo sorriso, la risata di un bimbo di soli due anni e mezzo, si è fatta silenzio. Sono state tante le persone che si sono susseguite per un saluto quando è stata allestita la camera ardente. Quel bimbo così piccino che qualsiasi persona, genitore avrebbe voluto prendere in braccio e portare via, stretto al cuore, per proteggerlo dai mali del mondo, riempirlo di baci e fargli il solletico.

Questa sarebbe dovuta essere la giornata di Gabriel, non solo il 17 aprile, ma ogni giorno. Il 24 aprile una folla si è ritrovata in piazza a Piedimonte San Germano per l’ultimo saluto, palloncini bianchi e lacrime. Ma tutte le lacrime del mondo non riempiranno mai il vuoto lasciato da una, una sola risata che non risuonerà più su questa terra, perché ora Gabriel, è altrove. A ridere tra gli angeli, su prati infiniti e sereni.

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