Dialoghi

Dialogo sulla Tav. Se Socrate potesse rispondere.

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Dialogo sulla Tav. Era una fresca sera di fine primavera, le nottole volavano intorno alla Rocca e l’anziano appariva scosso. Già alle prime chiacchiere della discussione comunicativa da parte del Primo Oratore Salerafide aveva assunto un’espressione perplessa, mentre buona parte del popolino plaudiva e applaudiva. Da parecchi minuti aveva cominciato a scuotere con rassegnazione la testa, socchiudendo gli occhi stanchi. Gli si avvicinò con aria trionfante Kostakòs e lo schernì: “E adesso, vecchio? Che dirai per oscurare la fama imperitura di Salerafide? Lo capisci da solo che questo TAV permetterà alla città di elevarsi  al di sopra di tutte le altre, no?” .

Dialogo: vostro non è il futuro

Socrate, il vecchio, restava impassibile, scrutando misteri al di là dei suoi piedi. Elena, fresca vincitrice per volontà popolare del premio “Alla più bella” sghignazzò: “Ma lascialo perdere, non lo vedi che è traumatizzato?

Socrate alzò il volto; guardò oltre la testa dei due, con aspetto sereno. Poi disse: “O Kostakòs, o Elena! Vostro non è il futuro. So bene che pensate che gli dèi vi abbiano dispensato favori e grazie, ma state raccontando una leggenda, un mito! Il mito della Doppia Fermata, che travolgerà i destini di tutti noi. Tu, Kostakòs, non hai nulla da offrire alla tua gente, se non la fedeltà al tuo padrone Salerafide. Tu, Elena, non apprezzi il dono degli dèi, e cresci in superbia e saccenza”.

Dialogo: Chi credi di essere?

Altri si avvicinarono, e cominciarono a mormorare. Chi diceva che la Doppia Fermata era un regalo dell’Olimpo. Chi diceva che era meglio accontentarsi così, e Salerafide era stato lesto a salvare il salvabile. Pochi sostenevano che le parole di Socrate erano da soppesare.

Il popolano Fidippide chiese: “Socrate pensa di saperne più del Condottiero Salerafide! Orsù, vecchio, facci ridere: dove sta l’errore?” Socrate con calma rispose: “Dimostri anche tu che l’ignoranza è l’origine di tutti i mali. Ahinoi, il tre nel due non ci sta, e non ci sta nemmeno nell’uno. Come dunque pensate che sia possibile avere tre idee diverse sulla TAV, quando una sola se ne può realizzare?” Fu allora Trinaide a domandare: “Maestro, non puoi davvero sapere più cose di Salerafide! Quali sono i tuoi dubbi? Chi credi di essere?”

Saper di non sapere

Fu presto un accalcarsi e un vociare. Chiesto il silenzio con un cenno stanco del braccio, Socrate disse: “Certo sono più sapiente io del vostro Condottiero, anche se poi, probabilmente, tutti e due non sappiamo proprio un bel niente. Soltanto che lui crede di sapere e non sa nulla, mentre io, se non so niente, ne sono per lo meno convinto, perciò, un tantino di più ne so di costui, non fosse altro per il fatto che ciò che non so, nemmeno credo di saperlo. Chiedi chi credo di essere? Sono un uomo che prova piacere nell’essere confutato, se dice cosa non vera, e nel confutare, se qualcuno non dice il vero. Niente, difatti, è per l’uomo un male tanto grande quanto una falsa opinione sulle questioni di cui ora stiamo discutendo“.

Socrate coninuò: “La Doppia Fermata non è la soluzione, ma è il problema. Se avessimo un stazione tutta nostra, qui, sotto la Rocca, o poco più lontano, il ferroviere avrebbe tutto l’interesse a far fermare i suoi mezzi nella nostra città. Il commerciante ne approfitterebbe per vendere rapidamente le sue merci. Il viaggiatore troverebbe comodo venirci a visitare; i lavoratori approfitterebbero della velocità per raggiungere presto le amate case. Non avete mai pensato, poi, che sistemare la nostra vecchia stazioncina abbellirebbe la città, portando altro lavoro e benessere? Possibile che siate talpe abbagliate da un po’ di luce al crepuscolo?”

Dialogo: Credere di aver vinto

Kostakòs e Elena risposero in coro: “Ben grande è il trauma che ti ha colpito, vecchio! La Doppia Fermata porterà questo e anche di più! Abbiamo ottenuto una grande vittoria!”

Sapete voi -replicò Socrate– qual è la peggiore delle sconfitte, perché tanto più amara in quanto non compresa? Il credere di avere vinto. Qui ci sono certamente vincitori, ma albergano ben più a nord della nostra amata Rocca. Credete forse che il ferroviere, che appoggia provvisoriamente i suoi treni in una piccola stazione, troverebbe vantaggioso inventare percorsi tortuosi per il suo cavallo di ferro, se questo cavallo è destinato a portare una soma, un carico ridicolo e piccolo? Non cercherebbe, quel ferroviere, di concentrare tutte le sue energie in un punto solo, in cui convogliare ogni clientela? E se quel punto non siamo noi, quale utilità ne trarremmo noi?”

La gente cominciò ad annuire, e passava dalla parte di Socrate.

Kostakòs strillò: “Insomma, vecchio! Basta, o il  trauma te lo procuriamo veramente noi! Non puoi contestare Salerafide, non ti è consentito! Lui è il popolo per il popolo, lo devi capire!”

Dialogo: Noi siamo il popolo

Vedi? -replicò con calma Socrate– Accade con voi che, quando ci si trovi in disaccordo su qualche punto, e quando l’uno non riconosca che l’altro parli bene e con chiarezza, voi vi infuriate, e pensate che l’altro parli per invidia nei vostri confronti, facendo a gara per avere la meglio e rinunciando alla ricerca sull’argomento proposto nella discussione.”

Elena, con la bava alla bocca, disse: “Noi siamo il popolo! Salerafide è il popolo! La Doppia Fermata è un successo, e chi vuole insegnare una cosa diversa, vada a farlo fuori dalla nostra Città!”

Socrate si alzò stancamente, si appoggiò al bastone e rispose: “Io non posso insegnare niente a nessuno: io posso solo farli pensare. Il popolo adesso sta sopportando, sta aspettando. Ma badate bene, servitori del Condottiero: c’è un limite oltre il quale la sopportazione cessa di essere una virtù”.

            Volavano le nottole intorno alla Rocca.

In foto: particolare de “La Scuola di Atene” di Raffaello Sanzio.

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