Da Montecassino il messaggio di Pasqua dall’abate

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In occasione della pasqua, Dom Luca Fallica, abate di Montecassino, ha inviato un messaggio di pace e di auguri ai fedeli. Un momento speciale nella vita di ogni cristiano da cui trarre insegnamento e ispirazione. “Carissimi tutti,

sono contento di potervi raggiungere anche quest’anno per scambiarci l’augurio pasquale.

La scorsa settimana ho partecipato, con la Conferenza Episcopale del Lazio, alla Visita ad limina apostolorum, che si è conclusa, proprio all’indomani della solennità di san Benedetto, il 22 marzo scorso, con l’incontro con papa Francesco. In un dialogo molto fraterno e sereno, papa Francesco ha risposto alle domande e alle questioni proposte, sottolineando in particolare due termini: creatività e vicinanza. Ha invitato a essere coraggiosi e creativi nell’affrontare i problemi e le sfide del nostro tempo, e a farlo con uno stile di vicinanza. Parlando principalmente a Vescovi, ha sottolineato quattro vicinanze: la vicinanza a Dio nella preghiera, la vicinanza tra vescovi in una Chiesa sinodale, la vicinanza con i preti in una sincera paternità, la vicinanza a tutto il popolo di Dio.

Ho voluto richiamare quanto ci ha detto il papa non solo perché si è trattato per me di un incontro molto significativo e desiderato, che ho ancora molto fresco nella memoria, ma anche perché mi pare che le due parole sulle quali il papa ha insistito – creatività e vicinanza – siano due termini tipicamente pasquali, e possiamo usarli con grande utilità per scambiarci gli auguri in questa Pasqua che stiamo celebrando.

La Pasqua infatti inaugura un tempo nuovo, una creazione nuova, che porta a pienezza e a compimento la creazione originaria di Dio. Per un cristiano, essere creativo non significa soltanto impegnare tutta la propria fantasia per inventare cose nuove. Essere creativo è piuttosto accogliere e obbedire continuamente, giorno dopo giorno, anno dopo anno, alla novità che il Signore Risorto immette nella nostra storia con la sua vita immortale e sempre nuova. Il Signore è risorto ed è presente nel tempo come colui che fa nuove tutte le cose, che crea cieli nuovi e una nuova terra, come ci annuncia l’Apocalisse. Essere creativi significa essere partecipi della nuova creazione che Dio ha operato nella nostra storia con la risurrezione di suo Figlio.

Anche il termine vicinanza è una parola tipicamente pasquale. Il Signore risorto torna a farsi vicino ai discepoli che lo avevano abbandonato. Si fa vicino, è vicino alla vita di ciascuno di noi, con la sua benedizione, il suo perdono, la sua pace.

L’evangelista Giovanni, nel narrarci che cosa accade nella sera di Pasqua, racconta anche che Gesù raggiunge i discepoli nel Cenacolo di Gerusalemme, nonostante fossero chiuse, anzi serrate le sue porte. Passa attraverso mura e porte chiuse. Questo tratto narrativo non sta solo a indicarci la nuova realtà che adesso caratterizza il corpo del Risorto, capace di attraversare anche le pareti di una stanza. Vuole soprattutto annunciarci che adesso, in forza della sua risurrezione, il Signore ci è davvero vicino. Niente e nessuno ci può più separare da lui. Le porte chiuse, che simboleggino anche la paura e il peccato dei discepoli, non possono più impedire l’incontro con Gesù. Niente ora si frappone tra noi e lui. Niente è in grado di rompere la comunione, di ostacolare la relazione. Il Signore ci è davvero vicino, e lo è anche quando siamo noi ad allontanarci da lui.

Lo esprime in modo stupendo san Paolo scrivendo ai cristiani di Roma:

35Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? 36Come sta scritto:

Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno,

siamo considerati come pecore da macello.

37Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. 38Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, 39né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore (Rm 8,35-39).

Niente ci potrà più separare. Il Signore ci è davvero vicino. Ma questa sua vicinanza dona anche a noi la possibilità di essere vicini gli uni agli altri, di avvicinarci con i gesti e le parole della prossimità vera, della solidarietà sociale, del superamento delle logiche della concorrenza e del conflitto, della solitudine e degli egoismi individualistici.

L’ho detto più volte in questi mesi. Torno a ripeterlo in questa Pasqua, e lo ripeto con forza perché lo credo fermamente, così come credo che abbiamo tutti bisogno di questa consapevolezza. Papa Francesco insiste molto nel ricordare che stiamo vivendo una terza guerra mondiale a pezzi. L’immagine ha evidentemente il significato più immediato di evocare i tanti piccoli e grandi conflitti disseminati in varie parti del mondo. Forse però allude anche a questo aspetto: davvero c’è una guerra più sotterranea, meno evidente, in atto, che si presenta e si impone come frantumazione, spezzettamento, divisione. Vengono meno i legami sociali, si impongono logiche individualistiche, si accresce la diffidenza e il sospetto nelle relazioni di ogni tipo, si indebolisce la coesione, emergono le logiche concorrenziali, le competizioni, le conflittualità. Abbiamo bisogno di sconfiggere queste logiche non solo invocando la pace per tutte le situazioni di guerra che insanguinano varie parti della terra, ma anche rinnovando la vicinanza e la prossimità tra di noi, attraverso legami solidali, cammini di comunione e di fraternità, gesti di sostegno reciproco, soprattutto nei riguardi chi di è più debole, per condizione sociale, economica, lavorativa. Per età o estrazione sociale.

Amo molto, e ripeto spesso, una frase di don Pierangelo Sequeri, il quale scriveva, già tanti anni fa, ma sono parole che rimangono del tutto attuali anche oggi: «nel giorno che verrà non ci sarà chiesto quanta speranza nella risurrezione avremo saputo predicare, ma con chi ne avremo saputo sostenere l’attesa». Non si tratta solo di predicare la speranza nella risurrezione, ma di sostenere l’attesa e la speranza, soprattutto l’attesa di chi è più debole e da solo non ce la fa. E sostenerla con legami di fraternità e di prossimità umana, relazionale, ecclesiale, ma anche sociale e politica.

Ecco allora il mio augurio per questa Pasqua e la mia preghiera: che lo Spirito Santo, dono del Risorto, ci insegni a essere creativi, per trovare vie di vicinanza e di prossimità, così che la luce della Pasqua possa davvero rischiarare le nostre tenebre e rinnovare la nostra vita.

Cristo è risorto, alleluia.

Il Signore è veramente risorto, alleluia, alleluia!”

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