Reno De Medici, domani tutti in corteo. Il problema va oltre “una chiusura”. Troppa indifferenza

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La punta dell’iceberg, ecco cosa è la questione Reno De Medici. Solo la punta di quella che è stata l’indifferenza della politica e del territorio nei confronti di un colosso come quello della cartiera di Villa Santa Lucia. Un elemento che si mette “in coda” alla questione Stellantis, Fca e paventate chiusure tra cassa, turni eliminati e diminuzione di produzione. Quando è accaduto tutto questo? Da quando il territorio e chi lo ha amministrato e lo amministra ha deciso di non far sentire la sua voce? Inutile girarci intorno, qualcosa è andato storto, anche se oggi si sentono tutti eroi martiri e crociati dall’alto delle loro poltrone. Certo, negli anni ci sono state proteste, qualche manifestazione, poi una dichiarazione qua, una promessa là e annunci random. Ma di azioni concrete e definitive assai poche.

La pessima abitudine che si è consolidata è quella di urlare troppo tardi, quella di chiedere tavoli tecnici “al bisogno”, quando intorno a quei tavoli non esistono più “case da salvare”. Il momento delle passerelle, degli appelli, delle sfilate fa gola. Ma il problema della cartiera va oltre il semplice problema tecnico, è figlio di un modo si agire, di pensare e di affrontare le criticità che in questo territorio sta lasciando una scia di “vittime”. E’ cosa nota ed evidente che il comparto industriale scricchioli, e non da pochi giorni. Un’indifferenza diffusa che pesa, pesa molto più di un macigno.

Non solo “una” fabbrica

Oggi sono gli operai della Reno De Medici e tutto quello che rappresenta un impianto come quello di Villa Santa Lucia, leader nel settore. Domani potrebbero essere altri. Dietro quella struttura diventata punto di riferimento, con i suo sbuffi che si alzano e con quel cartello che si staglia lungo la Casilina Nord e che chiunque automobilista del territorio conosce così bene, non ci sono solo operai, ingegneri, tecnici, posti di lavoro. C’è un prodotto, ci sono investimenti, ci sono numeri, c’è un marchio. La chiusura della fabbrica rappresenterebbe un effetto domino ben più grande di quello che si possa immaginare, un effetto domino che sarebbe una sciagura. Chi lo nega è cieco, o folle.

Quale azienda potrebbe essere interessata a venire in un territorio che da tempo ormai non riesce a offrire garanzie, servizi, tutele per lavoratori, imprenditori e ambiente? Ed è così, questo territorio un tempo meta agognata, dall’economia florida, dove le fabbriche e l’indotto rappresentavano la base dell’economia, oggi è luogo di “fuga”. A nulla servono i mega comunicati, i proclami e le super propagande. La realtà è tangibile, la toccano i commercianti, la toccano le famiglie, la toccano i giovani.

E la politica, come la bella addormentata, si sveglia dal torpore e dall’indifferenza quando “gli ospiti” hanno aperto le valigie sul letto. Quando hanno già il biglietto prenotato per andare via. Ma chi può dire cosa riserva il futuro, quando è davvero troppo tardi? Magari quella valigia può essere messa via. In tanti lo sperano.

Domani può fare la differenza: no a demagogie

Domani sarà un giorno importante, un giorno in cui mostrarsi compatti, un giorno dal quale dipende il futuro di tante persone. Non solo volti, storie, esperienze, gente che ci ha creduto sempre e non solo nel tempo delle “dichiarazioni”. Domani non è il tempo della demagogia, è il tempo di armarsi di coraggio.

Inutile scendere nel dettaglio degli aspetti tecnici, inutile sciorinare leggi e interpretazioni varie, chi avrebbe potuto e dovuto fare la differenza in tempi non sospetti non ha risposto in tempo all’appello, distratto da altro. Oggi c’è una priorità, non solo la cartiera, non solo la Reno De Medici, ma tutto quello che quel marchio, quella fabbrica e quel cartello rappresentano per il territorio. Alle 9.30 appuntamento davanti all’ex ospedale, il corteo sfilerà fino al Corso per poi arrivare davanti al Comune. La risposta non è il Palazzo di piazza De Gasperi, ma da piazza De Gasperi deve arrivare forte e chiaro un messaggio: il territorio c’è e vuole che la Reno De Medici resti.

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