Indi è morta. Non potevamo curarla ma almeno preservare la sua dignità

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Indie è volata in cielo. Nella notte ha esalato il suo ultimo respiro tra le braccia della madre. Un dolore profondo e senza fine quello di due genitori che hanno dovuto dire addio per sempre alla loro bimba. Aveva solo 8 mesi la piccola che era nata con una patologia molto grave e incurabile. La sua vicenda era diventata il centro di una battaglia legale in Gran Bretagna, con i genitori che volevano tenerla in vita il più a lungo possibile mentre gli specialisti avevano definito le cure inutili e dolorose. L’Alta corte britannica aveva reputato i trattamenti “contrari al superiore interesse della bambina”. La sua storia è poi diventata un caso politico in Italia, col governo che aveva offerto la cittadinanza (concessa il 6 novembre) per trasferirla all’ospedale Bambino Gesù a Roma. Dove però non avrebbero comunque potuto curarla ma tenerla attaccata ai macchinari. “Abbiamo fatto tutto quello che potevamo, tutto il possibile. Purtroppo non è bastato”, ha voluto commentare la premier Meloni in un tweet.

Una storia devastante che ci ricorda che come uomini a volte non possiamo proprio niente contro il destino. Un destino che strappa figli a genitori che darebbero la loro vita per salvarli. Dove la scienza non può arrivare, arriva il limite umano. In tutto il suo tragico dolore.

Impossibile salvarla dalla morte, ma salutarla con dignità sì

La bimba non avrebbe avuto comunque possibilità di essere sottratta alla morte. Il padre però aveva chiesto di poterla portare a casa per questo doloroso addio. E anche questa, una richiesta legittima e dove sì, l’uomo avrebbe potuto offrire risposte adeguate con una conferma, neanche questo è stato possibile. Ed è qui che dovremmo fermarci, a prescindere dalle posizioni più o meno laiche, più o meno religiose, quello che riguarda la dignità della persona, che abbia tre giorni, otto mesi o quarant’anni va al di là di qualsiasi credo. “Il servizio sanitario nazionale e i tribunali non solo le hanno tolto la possibilità di vivere, ma le hanno tolto anche la dignità di morire nella casa di famiglia a cui apparteneva”, scrive il padre della piccola Indi. Cosa avrebbe potuto fare l’uomo per questa bimba? Dove le cure non arrivano, esiste l’umanità, e lasciarla morire a casa sua, nel suo lettino, stretta nell’abbraccio di tutta la sua famiglia e di chiunque la abbia amata in questi otto mesi di vita, sarebbe stata la scelta giusta. Quella certamente percorribile da parte di tutti, togati, preti, credenti e no.

L’intervento di Di Mascio

Il presidente del Coa di Cassino, l’avvocato Giuseppe Di Mascio, ha dichiarato su quanto accaduto: “Addio piccola Indi!!! La triste vicenda di questa bambina impone una profonda riflessione su ciò he sta accadendo. Si sta oramai imponendo una c.d. morale laica ben più intransigente di quella morale religiosa per contrapporsi alla quale la prima si è sviluppata. Anzi questa moralità laica si rivela integralista ed intollerante più di quanto lo siano alcuni credi religiosi. E questi sacerdoti laici si sentono depositari di una verità assoluta che per assurdo deriva da un diffuso relativismo che ha demolito i valori cardine dell’umanità. Ed è così che la Vita diviene un valore negoziabile alla mercé di un sistema autoreferenziale che ritiene di trovare nella scienza e nel diritto una sua giustificazione. Sarà dura difendersi da questa deriva di disumanità”

Cosa ci resta di tutta questa storia? Tanto dolore, mai paragonabile a quello della famiglia. L’indignazione per quanto accaduto. L’immagine di quella bimba collegata ai tubi, alle flebo, che mai avrebbe potuto correre nei prati, giocare, andare a scuola e rincorrere farfalle, come i suoi coetanei, resterà per qualche giorno sui giornali e in televisione. Qualcuno la serberà per sempre nel cuore. Oggi è una giornata brutta e ci tocca dire addio a Indi, mandare il più grande degli abbracci alla sua famiglia e sperare che domani sarà un po’ meno difficile essere uomini e dover decidere il destino dei nostri simili.

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