Un anno fa i primi bombardamenti in Ucraina segnarono l’inizio di una delle pagine più dure della storia dei nostri giorni. Il mondo, l’Italia si svegliarono così, con la paura, con il dolore, con le immagini di terrore e gli occhi persi degli uomini, delle donne, dei bambini.
Tutti ci siamo mobilitati, abbiamo aperto le case, i cuori, abbiamo raccolto medicine, cibo, abiti. L’ondata umanitaria è stata forte, camion, furgoni, auto cariche di speranza e amore si sono mosse, via fino ai confini con la Polonia. Alcuni, i più coraggiosi, si sono avventurati oltre frontiere e verso l’incognita.
Dalle città più grandi dell’Ucraina arrivavano immagini devastanti, video che descrivevano momenti di distruzione, silenzio prima di distruzione. Donne e bambini hanno iniziato a fuggire, con pochi oggetti chiusi in bustine o sacchetti. Speranze nascoste negli zainetti colorati che fino a qualche giorno prima erano utilizzati dai bimbi per andare a scuola.
E le abbiamo viste arrivare qui, ricongiungersi con parenti che da anni ormai lavoravano qui, sul territorio. Alcune sono arrivate con i figli in grembo, piccoli che sono nati qui, lontani dalla loro terra, ma nell’abbraccio dell’amore. I bimbi sono entrati timidamente nelle aule con i loro coetanei, e proprio i bambini sono riusciti dove tanti adulti non riescono ancora oggi. Condividendo giochi, abbracci, matite colorate e merende. I più grandi hanno continuato a studiare a distanza.
Qualcuna ha deciso di rientrare in patria, altre si sono ricongiunte con i familiari sparsi sul territorio italiano. Alcune sono ancora qui, con il cuore nel loro Paese. Nei primi giorni diverse le manifestazioni, il coinvolgimento della comunità a 360 gradi. La necessità di integrarsi, due culture così diverse e distanti.
La storia di questi due Paesi, della Russia e dell’Ucraina, non era conosciuta nel resto dell’Europa, non in Italia, in ogni caso non dalla maggior parte delle persone. Molti ancora oggi non hanno idea di cosa ci sia alla base del conflitto. Si parla di presidenti attori e comici, di sosia di Putin, di malattie o patologie che possano aver influenzato atteggiamenti dei politici, morti sospette, accise a aumenti su luce e gas nelle bollette degli italiani. Cuocere un piatto di pasta al sugo oggi ci costa di più per colpa della guerra tra Ucraina e Russia che si combatte a migliaia di chilometri di distanza. Di mezzo le elezioni politiche in Italia, il sostegno all’Ucraina con mezzi militari e non solo, l’Europa ai ferri corti e la Nato “affacciata al balcone”.
Dodici mesi di guerra, un anno di immagini arrivate dalla “porta dell’Europa”, i costi di un conflitto che ha decimato una popolazione, visto famiglie disintegrarsi, luoghi incantevoli andati distrutti per sempre e che sta scrivendo la storia del mondo intero. Milioni di storie che si intrecciano e, come accaduto in passato, chi vive il presente non comprende, non capisce, non ha un quadro.
Interessi politici, economici, desiderio di supremazia e radici da rivendicare. I soldi davanti a tutto e a tutti.
Un altro anno inizia. Sarebbe bello se oggi arrivasse la parola fine a tutto questo orrore. Ma la realtà è che gli uomini non vogliono pronunciare questa parola, non la immaginano e non ne comprendono il reale valore. Un valore che va oltre la bandiera colorata della pace, che va oltre le manifestazioni con musica e tamburi che in tanti organizzeranno. Un valore che va oltre i lavoretti che abbiamo fatto realizzare ai bambini in serie.
“Combattere per la pace è come fare l’amore per la verginità”. J. Lennon
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