Non bastavano tutti i guai ambientali dovuti dalla delinquenza e quelli causati da una pessima gestione dei rifiuti da parte della nostra Ragione che ci ha resi la discarica “funzionale” del Lazio e non. Come ogni estate, ad oberare sul nostro territorio, gli incendi hanno devastato le nostre montagne, ma anche alcune pianure. Il cassinate va a fuoco.
Come cicatrici
Guardando dall’alto la nostra provincia e quelle confinanti, interi appezzamenti verdi hanno lasciato il posto a queste orribili macchie marroni. Dalle vette delle montagne sono estremamente visibili, cicatrici che rimarranno tali per anni. Migliaia di ettari di boschi sono andati in fumo. Il sud del Lazio è stato tra le aree più colpite. Non sono stati risparmiati dal fuoco i monti Aurunci, le pendici del monte Aquilone, Monte Maio, Monte Trocchio, Monte Cifalco e le pendici di Monte Cairo, così come parte dei monti naturale prolungamento della catena degli Ernici.
La chiave di lettura
Quella che è stata di fatto l’estate con maggior numero di incendi per la nostra terra ha destato preoccupazioni e lasciato trapelare la nostra vulnerabilità in particolar modo quella amministrativa e di gestione. Proprio come il famoso detto, il basso lazio si conferma come “lo stracciat’” dell’intera regione. Zero controlli e zero prevenzione. Mentre è evidente la corsa al Recovery Fund, tant’è che la politica è lì tutta concentrata e si sta adoperando per captarne anche il centesimo, la nostra terra è totalmente abbandonata. A poco vale la presenza fisica tra fuoco e fiamme di sindaci e amministratori e le solite lacrime di coccodrillo che ne derivano. Sapere e non agire è una colpa grave, perché seppur aumentato a dismisura il fenomeno degli incendi non è nato ad agosto 2021.
La non prevenzione
Come già scritto in merito alla gestione del cinghiale, altro problema che sta attanagliando le nostre campagne, la prevenzione è gran parte del lavoro. Negli anni i nostri boschi sono stati completamente abbandonati e cosa più grave sono stati abbandonati dagli enti che avrebbero potuto gestirli, trarci benefici e soprattutto tutelarli.
Un tempo vi erano i boscaioli. Le colture in altura davano ristoro anche ad animali ed uccelli migratori. Le nostre montagne erano vissute ed era interesse di tutti salvaguardarle. Oggi non vi sono controlli, ancora non sono chiari i mansionamenti e come essi siano stati suddivisi tra Polizia Provinciale e Carabinieri Forestali, come non è nota o chiara a tutti la gestione dei mezzi antiincendio come i Canader.
Abbiamo pagato a caro prezzo
Di sicuro non sta a noi capire chi vi sia dietro a questa moltitudine di incendi dolosi che ha colpito il cassinate. Ma quello che vien fuori dalla nostra analisi è che non avendo applicato un vero e proprio piano di prevenzione anche quest’anno abbiamo pagato a caro prezzo questo scotto.
Le domande sono veramente tante da porsi, tra queste la più semplice è indubbiamente “Visto che ciò accade tutte le estati, in molte occasioni negli stessi luoghi in prossimità degli incendi precedenti, è impossibile prevenirli? Gli altri Paesi UE cosa fanno per tutelarsi? Le nostre regioni del nord come sono organizzate? Ed infine, Questo danno quanto pesa sui contribuenti?
Non funziona la gestione del territorio
Noi crediamo vivamente nelle potenzialità della nostra terra. Ma qualcosa continua a non andare, a non funzionare, in primis la politica, quella intesa come gestione del territorio.
Con questa pandemia abbiamo avuto una chance, nonostante la crisi da essa generata, i cittadini hanno riscoperto il bene più prezioso: la terra. Il fuoco sta cercando di portagliela via, ma la politica avida recrimina altro! Ora si corre il rischio che venga frainteso anche il senso della “transizione ecologica”.
Si sta mettendo da parte ciò che più conta
Si parla di tornare a mettere impianti fotovoltaici su terreni agricoli o di continuare a sfruttare i nostri fiumi sempre più in difficoltà, per non parlare di chi sta pensando già al “nucleare”. Per far capire come si ragiona, mentre si era concentrati sul covid e in nord Europa già si era vietato la messa a terra di qualsivoglia tubazione, nelle nostre terre hanno fatto un metanodotto che guarda caso ha interessato per lo più aree boscate.
Si sta mettendo da parte ciò che più conta ovvero il suolo. In un’Italia dove chi ha soldi ha sempre più potere d’acquisto, dove la povertà è in aumento, si sta correndo un grosso rischio a danno di tutti a discapito del Bene Comune che andrebbe sempre e ad ogni costo tutelato.