Un 25 Aprile a …. tintura di odio

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I peggiori fra gli esseri umani sono coloro che dietro un ipocrito “volemose bene” in realtà schiumano rabbia interiore nei confronti di chi dissente dai loro valori. Fra costoro, i peggiori sono quelli che sfruttano le giornate, le commemorazioni e il proprio ruolo o mestiere per attaccare in maniera meschina coloro che non si allineano al pensiero di loro convenienza. «Dio ci guardi dal fascismo degli antifascisti!», scrisse qualcuno. In Città, purtroppo, la deriva ideologizzata del confronto politico raggiunge vette di barbarie ogni giorno inimmaginabili. Succede così che qualcuno sfrutti l’occasione del 25 aprile per ricoprire di insulti gli avversari. Ora, parliamoci chiaro: tutti i giornalisti sono, anzi devono, essere partigiani. Nel senso che devono “essere di parte”: è ridicola la storia del giornalismo imparziale e non a servizio di un’idea.

La faziosità mascherata

Quello che però è inaccettabile, qualsiasi sia la collocazione politica del giornalista, è la faziosità mascherata. Quell’atteggiamento ambiguo che distorce fin dai titoli le dichiarazioni, rendendole serve di una verità di comodo. Questo stesso pseudogiornalismo tenta di accreditare un personaggio politico piuttosto che un altro; che dispensa pagelle come fosse a scuola. Ma i dieci e lode non si riflettono, mai, sullo stile di vita di una comunità. E lo fa non sulla base di considerazioni obiettive pur nei limiti della propria visione del mondo. No: lo fa per compiacere i desideri del leader, del Capo. Insomma, è un giornalismo antifascista con fascismo di ritorno. Un giornalismo che non ammette repliche e critiche; che non subisce censure, ma le crea. Il 25 aprile, il 4 novembre e così via sono giorni sacri a una Nazione intera. Chi sfrutta la circostanza per prendersi una visibilità di comodo e una rivincita bassa e meschina per chissà quale atto di lesa maestà è indegno di esercitare il diritto di scrivere.

Mentalità da giungla

Può farlo e lo fa, evidentemente; ma si rende complice di una mentalità da giungla che non fa onore alla categoria. Specialmente quando si è abituati a scambiare i fatti con le opinioni; a piegare gli avvenimenti con le interpretazioni. Quello che ieri è successo a Cassino (e forse in mille altre parti di questa Italia che proprio non vuole uscire dalla retorica della sconfitta o vittoria in una guerra di 70 e passa anni fa) rappresenta il peggio della politica ed è l’esempio più moderno di quello che è un regime. Si possono anche usare le belle parole di un giornalismo “libero ma non indipendente” (o il contrario, va bene uguale). Ma si deve avere il coraggio di avvertire tutti che su quel giornale, su quel periodico, su quel blog non si leggerà mai la verità o la verità nel suo complesso, ma solo una parte di verità.

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La verità “aggiustata”

Magari quella più “aggiustata” e addomesticata. Magari uno si regola. Anche perché così si capisce che il “servizio stampa” non è giornalismo: è tipografia. E guai a chi dissente. Come disse Brenno agli sconfitti Romani: “Guai ai vinti”, insomma. Tenendo sempre presente che oggi capita a me, domani a te. E di solito i vincitori arroganti di oggi sono gli sconfitti disperati di domani. Noi non facciamo giornalismo, e, forse, neanche buona informazione, perché non sappiamo come si fa. Letti certi blog, però, sappiamo almeno come NON si fa.

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