Cosa sta succedendo con i nostri ragazzi? Figli, nipoti, ragazzi che vediamo correre su e giù per le scale del palazzo. E’ vero che hanno paura di rientrare a scuola o è semplice voglia di non far nulla, protestare a priori proprio come ci si aspetterebbe da loro? Fermiamoci a pensare, è vero, loro escono, sono in giro, si vedono il pomeriggio…ma lo fanno davvero tutti? Per mesi gli abbiamo detto e mostrato cosa è capace di fare questo virus, hanno perso nnni, zii, amici, alcuni il padre o la madre. E’ stato detto loro “Non si può fare” “Non si può andare” “Niente sport, niente feste”.
Gli adulti non sono stati d’esempio
Certo qualcuno non ha seguito le regole alla lettera, ma non è che gli adulti siano stati poi così esemplari. Oggi, dopo quasi un anno di pandemia, diciamo loro di ritornare a scuola, di farlo a distanza, di farlo con i mezzi di trasporto pubblico, di farlo a turni… un passo avanti, due al lato, tre indietro, fai un salto, fai la giravolta. Cosa ci aspettavamo da loro? Che ancora litigano con le connessioni ma che ormai si preparano e imbellettano pure per le lezioni in Dad? Loro, come tante altre categorie, sono rimasti in un angolo, tutti ne parlano, a loro non è concesso né palare né tantomeno essere ascoltati.
Nessuno li ascolta
Sono importanti, sono fondamentali, ma subiscono passivamente le equazioni di improbabili task force decisionali. Con loro i presidi, che in questo momento dovrebbero pensare a sponsorizzare le loro scuole, è tempo di iscrizioni, e che invece ogni giorno si ritrovano con aule vuote, pc scollegati. E poi ci sono loro, l’esercito instancabile, i docenti che ne hanno inventate di tutti i colori per coinvolgere i loro ragazzi, per spronarli, per riuscire a interrogarli, a fargli fare compiti in classe.
La campanella il più bel brano della playlist
Tutto quello che era la norma è diventato complicato, sembra quasi che adesso anche il suono della campanella sia come il più bel brano della playlist. Niente gite, tappa nei corridoi per una chiacchiera durante la ricreazione, attività di laboratorio. Ai ragazzi è stato tolto tanto, l’allarme sui problemi psicologici e l’aumento dell’autolesionismo negli adolescenti lanciato dai medici del Bambino Gesù sintetizza questo stato d’animo. Ma certo, è più facile pensare che i nostri ragazzi non vogliono fare nulla, che si divertono a non vivere la loro adolescenza, gli amori di un quadrimestre, i baci rubati, i 18 anni del migliore amico e il vestito più bello.
Chiedono rispetto. E lo meritano
I genitori assistono inermi, corrono come pazzi dal lavoro a casa, da casa a scuola, da scuola a fare la spesa, pagare le bollette, cercare soluzioni che non si trovano neanche in fondo al libretto. E poi ancora a casa del compagno di classe del figlio per recuperare il proprio pargolo. Se piove occorre prenderlo alla stazione, alla fermata dell’autobus. Un disastro. Non chiedono molto i nostri ragazzi, chiedono rispetto, chiedono ascolto, chiedono confronto, chiedono aiuto. E lo meritano.