Scrive Pietro Ichino, ordinario di Diritto del Lavoro all’Università di Milano in un articolo su “Quotidiano giuridico” che se il legislatore non provvede a regolamentare la vaccinazione obbligatoria “nulla toglie alla ragionevolissima possibilità che un dovere di vaccinazione nasca da un contratto tra soggetti privati”. Per questo motivo, nei prossimi mesi, ad incentivare le vaccinazioni potrebbero essere le aziende, obbligate a tutelare la salute dei loro dipendenti, la sicurezza del luogo di lavoro e dei loro clienti.
L’obbligo del datore
L’articolo 2087 del Codice civile obbliga infatti l’imprenditore, pubblico o privato, ad adottare “le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”. La domanda diventa allora: nella situazione di pandemia da Covid-19 in cui ci troviamo, una fabbrica o un ufficio nel quale tutti siano vaccinati è più o meno sicura rispetto a una fabbrica o un ufficio nel quale una parte dei dipendenti non sia vaccinata? “Non c’è dubbio che secondo le indicazioni della scienza medica la prima opzione è quella che garantisce maggiore sicurezza e quindi, in ottemperanza all’articolo 2087, a seguito di attenta valutazione del rischio specifico nella propria azienda, l’imprenditore può richiedere a tutti i propri dipendenti la vaccinazione, dove questa sia per essi concretamente possibile”.
Infatti un dipendente che contrae il COVID, riconosciuto come malattia professionale, sul luogo di lavoro può rivalersi sul datore di lavoro per la mancata tutela. Sarà quindi naturale che i datori di lavoro come forma di deresponsabilizzazione chiederanno la vaccinazione ai propri dipendenti.