Uno studio riportato dal professor Mauro Minelli, specialista in immunologia clinica e allergologia, ed effettuato da ricercatori dell’Università di Harvard coordinato dalla dottoressa Francesca Dominici, professoressa di biostatistica presso la Harvard T.H. Chan School of Public Health, attribuisce grande rilevanza al PM2.5, un miscuglio di sostanze solide e liquide del diametro inferiore ai 2,5 micron, circa 35 volte più piccole di un granello di sabbia fine, derivanti dalla combustione di carburanti per autoveicoli, da raffinerie e centrali elettriche, dalla combustine di materiali legnosi o di qualunque altro materiale a seguito di incendi, ma anche dal fumo di tabacco.
C’è infatti un preciso nesso di causalità tra inalazione del particolato PM2.5 e gravi lesioni infiammatorie mediate da una serie di mediatori immunologici e con il coinvolgimento cruciale e strategico dell’enzima di conversione dell’angiotensina II (ACE2), lo stesso che poi si è rivelato essere il recettore-chiave grazie al quale il nuovo coronavirus riesce ad insinuarsi nelle cellule dell’ospite innescando il processo patologico evolutivo del quale è capace.
A questo punto riflettiamo su Cassino, sul se e come la nostra città è pervasa dalla presenza di queste ben note “polveri sottili” PM2.5. Secondo la cartina rappresentata in foto si nota come Cassino rientri in una fascia ad indice di inquinamento molto alto.
Dai dati ARPA Lazio si evince che il comune di Cassino nel 2020 ha registrato una media annua di 22.73 µg/m3 ed il limite consentito dal D.Lgs. 155/2010 è di 25 µg/m3. Nei periodi invernali (gennaio, febbraio, marzo, ottobre, novembre e dicembre) si registrano valori medi pari a 34,73 e valori massimi incredibilmente alti pari a 115 µg/m3. Per ben 90 giorni del 2020 a Cassino è stato superato il livello limite di 25 µg/m3 consentito dalla normativa.
Questi valori non lasciano ben sperare per il 2021 visto che dall’inizio di questo anno fino all’8 gennaio il valore minimo di 25 µg/m3 è già stato superato 4 volte in 8 giorni. Si registra quindi una media di particelle pari a 30 µg/m3.
Secondo la normativa l’ambito di intervento per ridurre queste particelle è principalmente il traffico che partecipa a costituire il 30% alla composizione delle PM2.5, insieme alle altre componenti che sono essenzialmente i fumi di combustione di legna, riscaldamento domestico, industria sui quali non è possibile effettuare facilmente un controllo attivo. Il restante 70% è costituito da altre componenti sulle quali si può agire ancor meno (vedi rapporto ARPA).
I dati del 2019 (carenti di valori relativi al periodo gennaio, febbraio e marzo) descrivono una situazione con valori medi di 21.11 µg/m3 con valori massimi di 65 µg/m3. Considerando volumi di traffico non ridotti dalle chiusure di contenimento attuate nel 2020.
Il traffico è quindi il “veicolo” di produzione di queste particelle su cui si può facilmente agire a livello comunale: quindi, oltre la corsia ciclabile quali sono le altre iniziative previste per ridurre l’inquinamento?