Il Civico Sociale chiude. Addio alla trattoria della legalità.

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Il Civico Sociale non riaprirà più. Le saracinesche abbassate per il lockdown non saranno più rialzate per accogliere clienti affamati e desiderosi di conoscere una storia. Saranno alzate ancora una volta per svuotare il locale che ospitava un sogno, un simbolo. Difficile da spiegare come un luogo fisico rappresenti, in realtà, qualcosa di molto pi grande che va al di là della stanza, della strada in cui si trova, anche oltre il tempo e le generazioni.

Il giorno prima della giornata della legalità

Una notizia dolorosa arriva il giorno prima del 23 maggio, data in cui nel 1992 nella strage di Capaci perse la vita Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo (anche lei magistrato) e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Una data scelta per celebrare la Giornata nazionale della legalità. Perché il “Civico Sociale trattoria della legalità” inaugurato circa sei anni fa era in realtà un’idea nata ben più lontano nel tempo. Un’idea nata dalla voglia di contrastare una mentalità, alcuni fenomeni storici, sociali ed economici che hanno segnato indelebilmente la vita di ogni italiano. Iniziata già negli anni ’60, poi ’70 e poi con le terribili stragi di mafia concluse ormai negli anni ’90. Non un’idea, un sentimento, la voglia di riscatto. A dare vita a questo progetto Simona Di Mambro della cooperativa “I Naviganti“.

Il progetto

Un progetto nato anche dalla volontà di creare un legame con altre importanti realtà del territorio, gestite dalla cooperativa. Perché nel Civico avevano trovato lavoro i ragazzi diventati “troppo “grandi” per la casa famiglia e rimasti “troppo invisibili” in una società che corre, indifferente e non si ferma davanti alle esigenze dei più piccoli. Tra le mura della trattoria della legalità hanno trovato un piatto fumante i più noti magistrati d’Italia, gente che ha combattuto e che continua a combattere la criminalità organizzata, la delinquenza, la violenza. Ma anche famiglie, coppie, amici che hanno scelto di sostenere il progetto, l’idea messa in campo da pochi per coinvolgere un’intera comunità.

L’addio di Simona Di Mambro

Simona Di Mambro ha affidato ai social l’addio, un saluto sofferto che, si spera, possa non essere definitivo ma solo temporaneo: “Oggi muore un’idea, una casa, una possibilità per qualcuno, una spina nel fianco per altri, che fino all’ultimo giorno ci hanno fatto sentire le loro attenzioni. Oggi questo sogno durato 6 anni finisce. Le serrande del “Civico” non si alzeranno più. Purtroppo questa epidemia mondiale ha colpito anche noi, e con le attuali restrizioni sarebbe difficile proseguire. Grazie e buona vita a tutti, alla prossima. Perché comunque, il progetto e il nome Civico Sociale, continuerà a vivere…forse in maniera diversa, ma non sparirà”.

Avamposto di legalità

La pandemia dopo e una crisi del settore prima si sono abbattuti su un simbolo, un avamposto di legalità in una terra cuscinetto che, da sempre, è conosciuta come zona di frontiera. Un progetto ambizioso che, per ora, è costretto a chiudere ma che potrebbe rinascere più forte e più grande quando i tempi saranno migliori.

Un seme piantato per una “pianta” che potrà diventare un albero forte in un terreno più accogliente e più generoso. Ma con quella saracinesca abbassata il buio scende su molto altro. Non su semplici parole come legalità, inclusione e rispetto, le tenebre avvolgono occupazione, speranze e sicurezze, quelle delle persone che avevano trovato lavoro tra le pareti del Civico, quelle dei ragazzi che, grazie a questa possibilità, avevano trovato una vita dignitosa, tutta da costruire, dopo esperienze difficili e anni trascorsi in casa famiglia. Questo è il valore aggiunto del progetto realizzato da Simona Di Mambro, un vero circolo virtuoso di dignità e rinascita.

Le idee non si uccidono

A “chiudere” le saracinesche del Civico Sociale non è stato nessuno e sono stati tutti. L’indifferenza di alcuni, l’acredine di altri, le difficoltà del settore come per tutti, la pandemia fatale. Ma le idee sono belle perché in realtà nessuno può ucciderle, possono superare cattiveria, odio, guerre e pandemie per rinascere e ritrovarsi dopo, più forti, più belle, migliorate. Oggi non chiude un locale, un ristorante, chiude un simbolo, chiude un’idea, si spengono le luci in un teatro dove c’è ancora uno spettacolo da vedere e un pubblico che vuole assistere.

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