Truffa sull’accoglienza degli immigrati: 18 misure cautelari e 25 indagati

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SUD LAZIO – Un articolo giornalistico, come tanti, ma profondo sul piano investigativo, della collega Angela Nicoletti sull’elemosina chiesta nelle principali strade del centro urbano di Cassino da alcuni cittadini immigrati è stato il punto di partenza di una brillante operazione che, condotta dagli agenti della Guardia di Finanza di Cassino unitamente ai colleghi della Squadra Mobile della Polizia di Stato del locale Commissariato, di smascherare un vasto e illegale sistema nella gestione di un delicato ma remunerativo servizio dell’accoglienza dei cittadini stranieri richiedenti asilo. L’inchiesta, coordinata personalmente dal Capo della Procura della città martire Luciano D’Emmanuele e dal sostituto procuratore Alfredo Mattei, ha coinvolto anche la provincia di Latina e, il centro capuologo in particolare, ma soprattutto molti comuni delle province di Frosinone, Caserta, Rieti e Isernia.

A finire nei guai nell’ambito di “Welcome to Italy” – così si chiama l’operazione – sono state ben 25 persone, denunciate con le ipotesi di reato di delinquere finalizzata alla corruzione di dipendenti pubblici o incaricati di un pubblico servizio, estorsione, truffa ai danni dello Stato e enti Pubblici, frode in pubbliche forniture, abuso d’ufficio, malversazione ai danni dello Stato, emissione ed utilizzo di fatture false. E le persone raggiunte da avviso di garanzia fanno rumore nell’ambiente politico di Cassino. Si tratta dell’ex sindaco Udc Bruno Scittarelli, del penultimo presidente del consiglio comunale Dino Secondino, dell’ex vice presidente del Consorzio industriale del Lazio meridionale Francesco Mosillo, dell’ex sindaco e dell’ex vice sindaco di San Giorgio a Liri Modesto della Rosa e Massimo Terrezza.

I provvedimenti emessi dalla Procura sono molto differenti: undici degli indagati avranno l’obbligo di firma alcuni giorni della settimana presso gli uffici del commissariato di Cassino, i rimanenti sette non potranno svolgere la rispettiva attività imprenditoriale. Un fatto è certo: hanno subito, almeno per il momento, il sequestro preventivo dei propri beni per un valore di tre milioni di euro. Per alcuni di loro, dieci precisamente, la Procura di Cassino aveva chiesto l’applicazione della misura cautelare, sia in carcere che ai domiciliari. Il Gip disse di no ma le indagini non si fermarono. Tutt’altro. Attraverso una copiosa documentazione, contabile ed extracontabile, sequestrata hanno consentito di individuare numerosi comportamenti illeciti nella gestione dell’accoglienza dei rifugiati sia nel sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar che in quello dei Centri di Accoglienza Straordinari (Cas) gestiti dagli uffici delle Prefetture. E così che sono emerse una serie di inquietanti condotte criminose poste in essere dagli indagati, quali l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e relative all’ottenimento di rimborsi non dovuti, frode nella fornitura di servizi ai rifugiati e richiesta di rimborso rette per rifugiati non più presenti sul territorio nazionale, e individuati ulteriori soggetti ad essi collegati.

La ricostruzione della Procura è un spaccato di malaffare: con il danaro destinato ad accogliere gli immigrati venivano organizzate feste di compleanno, ristrutturate ville con piscina e acquistati Suv e Bmw di ultima generazione. La documentazione sequestrata ha permesso, così, di imbattersi in fatture emesse per operazioni mai realizzati (come i servizi di accoglienza) o per altre diametralmente diverse rispetto a quelle effettivamente oggetto dell’incarico pubblico. E’ stato anche rilevato – come detto – un caso di corruzione di un funzionario addetto alla rendicontazione del servizio Sprar per la percezione di contributi per costi mai sostenuti. Nell’ambito dei controlli documentali emergeva, in alcuni casi, la doppia annotazione nei registri di rendicontazione di costi sostenuti da Cooperative per il servizio Sprar e la doppia percezione di contributi per il pagamento di personale dipendente delle Cooperative sia dello Sprar nonché un doppio utilizzo dell’Iva portata sia in detrazione che rimborsata. Una lunga e reticolata conferenza stampa svolta presso l’ex ufficio del Giudice di Pace del Tribunale di Cassino ha permesso di individuare precise responsabilità a carico dei legali rappresentanti e soci di tre cooperative dalle quali è emerso un vero e proprio sistema basato sull’illecito e indebito rapporto tra il responsabile dell’ufficio rendicontazione del servizio Sprar e i responsabili di due cooperative ramificate nei territori delle province di Frosinone, Caserta e Isernia. In un caso, è stato rilevato che a fronte dell’intervento di un pubblico ufficiale era stata prospettata, quale compenso, l’assunzione del figlio, cosa che poi è regolarmente avvenuta.

E’ stato riscontrato che, nel tempo, il sistema di rendicontazione dei costi comprendeva anche spese che con gli immigrati non avevano nulla a che fare, come nel caso di quelle sostenute per l’organizzazione della festa per il diciottesimo compleanno del figlio di un responsabile e confluite nella contabilità del servizio Sprar quale costo sostenuto per la realizzazione di una manifestazione finalizzata all’integrazione dei migranti ospiti. Sempre a carico del servizio Sprar sono state poste anche delle spese di ristrutturazione della villa, con annesso campo da tennis, di proprietà di un responsabile della cooperativa coinvolta. Per quanto concerne il servizio di affidamento dei servizi da parte di alcuni Comuni siti nelle province di Isernia, Caserta e Frosinone, è stato rilevato che questo avveniva senza alcuna procedura ad evidenza pubblica ed emergeva, altresì, che il sindaco di un comune coinvolto era riuscito ad ottenere quale “compenso” l’assunzione di familiari e conoscenti, pretendendo, in alcune circostanze, anche un aumento di stipendio per una persona di suo interesse.

Le indagini svolte, hanno permesso di appurare che le cooperative erano giunte a una sorta di patto “di non concorrenza” con il quale si erano spartite il territorio ove operavano. Illuminante in tal caso è la circostanza in cui, innanzi al tentativo di “infiltrazione” da parte di un’altra cooperativa, veniva rilevato l’intervento del sindaco che, con minacce più o meno velate, costringeva la proprietaria dell’immobile che doveva essere adibito a residenza degli immigrati a rescindere il contratto di locazione già stipulato e registrato. Nel corso delle indagini venivano accertati casi di pagamento di rette per migranti non più presenti sul territorio italiano e il subappalto di vitto e alloggio a un centro fatiscente ad un prezzo risultato essere inferiore ad un terzo di quello versato dalla Prefettura, ottenendo in tal modo un indebito guadagno. Nell’ambito delle perquisizioni veniva rilevato lo stato dei luoghi altamente fatiscente con ambienti sporchi e blatte all’interno delle cucine, ma la mala gestione di questi centri di accoglienza aveva invece consentito ai responsabili di questi, di utilizzare automobili di lusso, quali due Suv della Bmw modello X1 e X3, acquistati in leasing dalla cooperativa stessa.

Saverio Forte

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