Emerge un quadro irrimediabilmente compromesso delle casse comunali di Cassino prima della dichiarazione di dissesto del 2018. Ma ora sembra chiaro che una sentenza della Corte Costituzionale del 2019 avrebbe determinato, comunque, il default per la città martire l’anno seguente. Forse soltanto adesso si potrebbe riuscire a comprende quale ulteriore danno sia stato evitato al comune la dichiarazione di dissesto prima del 2019. Ma andiamo con ordine.
Il dissesto
Il comune di Cassino dichiara il dissesto finanziario con la delibera di consiglio comunale numero 32 del 25 giugno 2018; l’amministrazione è quella guidata da Carlo Maria D Alessandro. Alla base del dissesto c’è la relazione della dott.sa Monica Tallini, dirigente della ragioneria, avallata dal collegio dei revisori del conto presieduto dal dott. Francesco Fraticelli, a sua volta dirigente responsabile della ragioneria di Fiano Romano.
Non ci sono dubbi sui conti del comune, si tratta di un difetto atavico, che viene da lontano e che l’amministrazione D’Alessandro non fa altro che accertare e votare. Nonostante malumori di molti consiglieri di maggioranza. Soprattutto di quelli che puoi decretarono con le loro dimissioni la fine dell’amministrazione di centrodestra.
Il piano di riequilibrio
Ricordiamo però che nel 2013, il comune di Cassino, sotto la guida dell’assessore al bilancio, l’attuale Sindaco Enzo Salera, aveva cercato di salvare le casse comunali con un piano di riequilibrio finanziario pluriennale di cui all’articolo 243-bis del Tuel. Sul quale il Ministero dell’Interno e la Corte dei Conti si erano espressi favorevolmente ma con molte riserve e prescrizioni.
In questo piano era previsto di utilizzare un finanziamento dello Stato per ripianare il debito. “Prestito” da restituire in comode rate annuali per un trentennio. Ma il debito derivante dal riaccertamento dei residui e dall’accertamento dei debiti fuori bilancio del 2013 doveva essere ripianato nei 10 anni previsti dallo stesso piano di riequilibrio. Ovvero entro il 2023. E le rate più elevate dovevano essere pagate dal 2017 in poi.
L’aiuto dello Stato
Con l’articolo 1 comma 714 della legge 208 del 2015 veniva data facoltà ai comuni si spalmare questo disavanzo decennale portandolo a 30 anni. Consentendo al comune di Cassino di poter sostenere ancora una volta i parametri del piano di riequilibrio. Ma gli ulteriori debiti saltati fuori nella precedente legislatura, messi in evidenza dall’assessore al bilancio Ulderico Schimperna nel 2017, determinarono una manovra dura ma che consentì al comune di non tagliare i servizi, ma solo le spese. Rimase in piedi tutto, trasposto pubblico, mensa scolastica, sostegno ai disabili, comprese le fasce di esenzione.
Ma i debiti erano troppi
La somma dei debiti, con l’aggravante dei debiti “rinvenuti” da Schimperna, però, risultava, per la precedente amministrazione ingestibile. E non consentiva di rispettare il piano di riequilibrio, determinando di fatto la dichiarazione di dissesto nel 2018, nonostante la norma del 2015 avesse aiutato tutti i comuni d’Italia, compresa Cassino.
La sentenza del 2019
Ma con la sentenza numero 18 depositata il 14 febbraio 2019 della Corte Costituzionale, viene dichiarata incostituzionale ed illegittima la norma della Legge 208 del 2015 modificata dalla Legge 232/2016. Atto che ha costretto i comuni a rispettare il piano di riequilibrio senza tenere conto della rimodulazione o riformulazione dello stesso. A partire dal mese di marzo del 2019 tutti i comuni che hanno dovuto tener conto di questa sentenza e che non erano in grado di sostenere economicamente il piano di riequilibrio, sono stati costretti nel bilancio 2019 a dichiarare il dissesto finanziario. Se non fosse stato dichiarato nel 2018, stessa sorte sarebbe toccata al comune di Cassino. E lo avrebbe dovuto fare il Commissario Prefettizio Benedetto Basile.
Le ultime schermaglie
Si è discusso tanto del dissesto finanziario, anche durante l’ultima la campagna elettorale che ha visto prevalere il sindaco Enzo Salera sul diretto concorrente Mario Abbruzzese. E spesso si è fatto riferimento sulla necessità o meno di dichiarare il dissesto, senza che durante la stessa campagna elettorale l’ex sindaco D’Alessandro potesse difendersi. Dimostrando quali fossero le reali condizioni economiche del comune di Cassino, che ora emergono in maniera inequivocabile. La sentenza della Corte Costituzionale pone definitivamente fine alla vicenda del dissesto, annoverando il comune di Cassino tra quelli che non avrebbero potuto salvarsi. E questo getta una luce completamente nuova su tutta la vicenda, perché a Cassino i cittadini si sono sempre divisi tra coloro che difendevano la scelta di dichiarare il default e coloro che invece la contestavano. Ora i dubbi cominciano a diradarsi.
La verità
L’ex sindaco D’Alessandro ha sempre sostenuto di attendere con fiducia che il tempo gli desse ragione e lo ha fatto difendendo il proprio operato. Di questa vicenda, però, non si è saputo nulla fino ad oggi. Ovvero fino a quando il nostro blog non ha deciso di prendere informazioni in merito, e non dall’ex sindaco, tantomeno dall’attuale, entrambi sono troppo coinvolti. Ma da chi tecnicamente ha gestito e gestisce i conti di vari comuni.
A questo punto dell’una, l’altra. O Cassino ha guadagnato un anno sui tempi del dissesto considerando la sentenza della Suprema Corte, o ne ha persi 5 con il piano di riequilibrio. Sarà il tempo a dirci la verità.