Dalle cronache di Femore, l’umile servo di Omero.
Nel giorno dei giorni si narra che venne dato l’annuncio alla popolazione: “la Freccia sarà scoccata, partirà da questi ameni luoghi più veloce della luce per arrivare all’Urbe”.
Il popolo gioì, esplose la festa e tutti inviarono poesie e tributi al Signore supremo, al Re di Casinum. Il paesone al contrario dove tutte le favole potevano essere raccontate, senza ritegno e coscienza.
“E’ arrivata la TAV”, scrisse il Re sulla gigante bacheca chiamata “Feisbum” dove il popolo, non tutto, poteva leggere le sue storie e le favole che egli raccontava. Ma un vecchio sordo e cieco, che però vedeva più in là degli altri e sentiva oltre le parole, gettò il seme del dubbio: “ma la Freccia non avremmo dovuto scoccarla noi? Ora invece la vedremo solo passare, e soltanto pochi fortunati potranno toccare la Freccia “infuocata” che taglierà l’aria un paio di volte al giorno. Orsù, chi sul ciuccio andava sul ciuccio andrà”.
A Casinum niente stazione di posta. A Ferentinum, per onor del vero, fu posta la stazione.
La festa, il grande tributo al Re di Casinum, allora divenne dubbio e domande, critiche e dolorosa presa di realtà. Perché l’ammantato aveva annunciato tale magnificenza, chi aveva mutato il passaggio della Freccia per benedizione quando invece si svelava in realtà per mistificazione? Tra chi si arrogava la paternità della Freccia, chi diceva di averla disegnata, chi di averla sognata e chi di aver combattuto a lungo per poterla scoccare, nessuno, però, seppe descriverne neanche la forma. Tra le urla e le recriminazioni si intravedeva il ghigno di un Cavaliere dal ciuffo bianco, il signore delle terre del Nord; la freccia era già nelle sue mani mentre nelle terre del Sud molti erano già in strada in groppa a un asino.