Alternativa Popolare interviene a margine del consiglio comunale

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“Il Consiglio Comunale svolto il 29 luglio riterrebbe un errore ed una fonte di fastidio la tutela dei beni paesaggistici vincolati e la conservazione dell’ambiente. Lo stesso Consiglio svierebbe gli effettivi aspetti dei temi che dibatte e delibera per concedere deroghe su materie, i vincoli di inedificabilità, su cui non avrebbe competenza”. Così in un comunicato Alternativa Popolare.

“Quanto sentito dagli interventi pronunciati dai Consiglieri della maggioranza, dai consiglieri dell’opposizione e dalla Giunta, eccezione fatta per due consiglieri civici di opposizione, non potrebbe non fare evincere quanto appaia assente e sottovalutata la cultura della tutela paesaggistica ed ambientale nei rappresentanti politici e negli di governo del Comune.
Ancora più disarmante è apparsa la poca accuratezza con cui si esaminano gli argomenti tecnici di competenza del Consiglio apparentemente non curandosi di accertare se quanto viene discusso e deliberato rientri nei poteri dell’Organo o superi i limiti della legge e delle norme che li preordinano.
All’ordine del giorno n. 12 era indicato l’esame della richiesta di deliberazione per approvare l’assenso ad un “Permesso di costruire in deroga agli strumenti di pianificazione urbanistica (ai sensi dell’art. 14, comma 1, del d.p.r. n. 380/2001 ) per un Intervento di realizzazione di un locale tecnico per serbatoi liquidi radioattivi in decadimento e di una scala esterna con annessa sito in via G. Di Biasio n. 1 ed identificato al foglio n. 31 particella n. pedana elevatrice a servizio del reparto di medicina nucleare”.
Nell’illustrazione del tema in discussione, fatta dall’Assessore competente, dal Sindaco e dai consiglieri comunali della maggioranza e di gran parte di quelli dell’opposizione, fatta eccezione per due consiglieri di una lista civica di opposizione, è stato dichiarato che il permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici generali che veniva chiesto dal soggetto richiedente nasceva in quanto l’area in cui si dovranno realizzare le opere sono soggette a vincolo di inedificabilità in ragione della fascia verde della zona pedemontana.
Molto probabilmente ci si riferiva ai vincoli paesaggistici imposti per legge ai sensi degli articoli 134, comma 1, lettere b) e c) e 142 del Decreto legislativo n. 42/2004 ed ai sensi degli articoli 42 e 46 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Territoriale Paesaggistico Regionale. In tali vincoli rientra quello di inedificabilità nelle aree allo scopo individuate.
E’ ad ogni modo necessario fare rilevare che ai sensi dei commi 1 e 3 dell’articolo 14 del DPR n. 380/2001 nonché dell’articolo 21, comma 4, del Regolamento Edilizio Comunale di Cassino, la deroga, nel rispetto delle norme igieniche, sanitarie e di sicurezza, può riguardare esclusivamente i limiti di densità edilizia, di altezza e di distanza tra i fabbricati di cui alle norme di attuazione degli strumenti urbanistici generali ed attuativi, fermo restando in ogni caso il rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 7, 8 e 9 del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 e, anche secondo la giurisprudenza consolidata, non può rendere edificabile un’area che ne sia sprovvista ab origine.
Ovvio, quindi, che la deliberazione del Consiglio comunale non può rendere edificabile quell’area che è inedificabile a norma di legge.
Ad ogni modo, sorvolando il limite insormontabile dell’inedificabilità dell’area, è opportuno sottolineare che i vincoli paesaggistici ed ambientali non sono un peso o un fastidio nei confronti degli interessi imprenditoriali, seppure legittimi, dei terzi ma rappresentano un mezzo per preservare beni e risorse culturali ed ecologici, materiali ed immateriali, tutelati anche dalla Costituzione ai sensi degli articoli 9, secondo e terzo comma e 41 secondo comma, i quali recitano: “Art. 9, (La Repubblica) Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali.”. “Art. 41 (L’iniziativa economica privata) Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.”
Inoltre, con l’imminente entrata in vigore del Regolamento (UE) 2024/1991 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 giugno 2024, sul ripristino della natura che avverrà il prossimo 18 agosto, le suddette aree naturali, anche già tutelate, potranno essere oggetto di interventi tesi al recupero a lungo termine e duraturo della biodiversità e della resilienza degli ecosistemi ivi presenti attraverso l’attuazione di Piani di ripristino predisposti dallo Stato ed approvati dalla Commissione Europea.
Di tutti i suddetti aspetti che riguardano principi e diritti tutelati anche costituzionalmente, nel Consiglio comunale non è stato fatto alcun cenno, anzi è apparso che essi implicitamente rappresentassero un inciampo ed uno sbaglio risalente al passato che andavano a frammettersi nella realizzazione degli interessi di un soggetto privato.
A tale riguardo vorremmo segnalare un ulteriore aspetto rilevante. Ammesso che con la delibera del Consiglio comunale si possa, con deroga, rendere edificabile un’area che in origine e per legge non lo è, assai surrettizio e sviante è apparsa la rappresentazione fatta per spiegare e cercare di avvalorare l’interesse pubblico dell’intervento progettato dal proponente. Il permesso di costruzione (comunque necessario), chiesto in deroga, riguarda specificamente un impianto di trattamento di effluenti liquidi radioattivi ed una infrastruttura di movimentazione, ovvero opere di edilizia autonome che prese in questo autonomo contesto non hanno alcun requisito di interesse pubblico, anzi vale il contrario.
Trattandosi di impianti tecnici e strutturali, ben si sarebbero potute trovare alternative capaci non solo di non andare in collisione con i vincoli sopra citati, ma anche di rendere più fruibile e funzionale il loro esercizio.
Purtroppo gli intervenuti che hanno preso posizione favorevole rispetto alla deliberazione di assenso alla deroga, sono stati abili a portare l’attenzione non già sull’oggetto per cui era richiesta la deliberazione, ovvero l’impianto di stoccaggio delle acque reflue radioattive rappresentate dalle deiezioni dei pazienti (escreti), bensì l’apparecchiatura ed il processo di natura nucleare cui dovrebbero essere messe a corredo. Si parla dello strumento per effettuare la PET, Tomografia a Emissione di Positroni. Su tale tema è stata posta l’attenzione asserendo che il macchinario che assolve la PET sarebbe di fatto, per evidenza terminologica, un impianto di interesse pubblico e perciò conforme al requisito previsto dall’articolo 14 del DPR n. 380/2001 per rientrare nel beneficio del permesso di costruzione in deroga allo strumento urbanistico. Purtroppo la realtà dei fatti esposta nel dibattito ha fatto emergere una situazione totalmente lontana da tale rappresentazione, infatti è stato dichiarato che la strumentazione è stata già installata nei locali del proponente (e quindi detti locali e lo stesso strumento dovrebbero avere ottenuto già il nulla osta della AUSL preventivo previsto dalla normativa sulla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti) e sarebbe pronta per essere messa in funzione, ma per farlo ci sarebbe la necessità di realizzare le opere accessorie di cui al locale tecnico per serbatoi liquidi radioattivi ed alla scala di movimentazione.
E’ ovvio perciò che l’impianto relativo alla PET e per cui in ipotesi si potrebbe associare un interesse pubblico si è potuto installare senza alcuna richiesta di titolo edilizio ed a maggiore ragione senza il permesso di costruzione in deroga. Rimangono invece da realizzare l’impianto di trattamento degli effluenti liquidi radioattivi connessi con l’esercizio della PET ed i percorsi separati per i pazienti che lo utilizzano (la scala), da assoggettare a classificazione radioprotezionistica (zona controllata o sorvegliata). Tali impianti possono essere realizzati con molteplici soluzioni alternative sia dal punto di vista dell’impatto ambientale ed urbanistico e sia sotto l’aspetto tecnologico: tali soluzioni però non sono ininfluenti dal punto di vista dei costi. Certamente lasciare decadere l’attività degli effluenti liquidi radioattivi in depositi di stoccaggio fino a renderli allontanabili dal regime nucleare per cui si applicano le norme del Decreto legislativo n. 101/202 evitando di doverli trattare e condizionare per renderli privi di vincoli radiologici, e così poterli scaricare nella rete fognaria cittadina oppure smaltirli come rifiuti speciali acquosi, convenzionali, sarebbe senz’altro più conveniente che assoggettarli al Servizio Integrato per la gestione dei rifiuti radioattivi di origine non elettro-nucleare gestito dall’ENEA. Si tratterebbe, in questo ipotetico caso non già di una fattispecie riconducibile ad un aspetto di interesse pubblico, ma ad una scelta tecnica economica di natura puramente imprenditoriale”.

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