Cantava così Frankie hi-nrg. Era il 1997. E con questa citazione vogliamo salutare il 2023. L’anno delle “grandi opere”, l’anno del “siamo tutti vicino ai più fragili”, l’anno del “le cose cambiano in meglio”. L’anno de “la città ha cambiato volto”. Forse, in definitiva, più che volto, la città ha cambiato… trucco. Perché in questi giorni di grandi brindisi, di feste e di istantanee di un Corso a tratti pieno di cittadini, a tratti vuoto e criticato, una costante è rimasta. Gli ultimi, giovanissimi raggomitolati a terra, con i loro amici a quattro zampe poco distanti da coetanei e coetanee intenti a sbevacchiare e a lamentarsi di qualsiasi cosa, programmando cenoni, trasferte e seratoni in cui sbocciare. E pensare che una volta a sbocciare erano i fiori.
Tra quei gruppi, tra i tavolini e i musicisti, tra le panchine di marmo e l’indifferenza eccoli lì, la faccia dura e cruda della società all’ombra dell’abbazia. Ragazzi educati, che non bevono fino a perdere conoscenza, ma che ringraziano per ogni spiccio recuperato. Che abbracciano e proteggono dal freddo quei cagnolini tanto carini. Che ci ricordano cosa significa essere umani. Che ci insegnano l’empatia in un tempo di indolenza.
E forse, ce lo possiamo dire, la città non è che sia proprio cambiata. Cambiano i fragili, cambiano le mattonelle, cambiano i giacigli d’emergenza. Ma la storia si ripete, nell’indifferenza di un “rinnovato” trucco. Nell’ipocrisia delle passerelle. Delle slide e dei proclami social e meno social.
Ma poi ti rendi conto che il cuore della città batte ancora, quando vedi la titolare di una storica attività commerciale di Cassino portare una busta con indumenti nuovi e caldi a uno di questi ragazzi. E la vedi solo perché casualmente ti trovi di passaggio, non perché ci sia un post o un comunicato. Quando vedi un bambino lasciare una busta piena di spesa acquistata dai genitori poco distanti. Un bambino che accarezza quel cagnolino e scambia un sorriso con il suo padrone.
Perché a volte si può cambiare il vestito, indossare le grandi marche, ma poi alla fine chi indossa abiti usurati può essere molto più ricco e profumato di tanti altri.
Cosa ci auguriamo per il 2024? Anno di grandi decisioni, di cambiamenti o conferme, di un salto nel futuro o di un balzo nel passato. Per il 2024 auguriamo a tutti di ritrovare e di ritrovarsi. Di recuperare la speranza e la voglia di migliorare, di mettere da parte rancori e antipatie, di costruire invece di distruggere, di tendere una mano invece di tirare pugni e schiaffi. Di condividere invece di escludere. Di sorridere invece di ringhiare. Di pensare alla comunità invece che al proprio orto. Di essere veri e non maschere. Ma si sa, alla fine dell’anno è facile rompere e buttare giù dalla finestra quello che non va, quello che si è rotto, quello di cui vogliamo disfarci. La differenza sta nel voler cambiare davvero.
E così eccoci a salutare, a poche ore dalla fine del 2023, l’inizio del 2024. Si dice anno bisesto anno funesto, proviamo insieme a cambiare le regole e facciamo che l’anno bisesto diventi anno onesto. Ci lasciamo con le parole del buon Frankie hi-nrg. Possano aiutare a farci riflettere.
“Sono intorno a noi, in mezzo a noi
In molti casi siamo noi a far promesse
Senza mantenerle mai se non per calcolo
Il fine è solo l’utile, il mezzo ogni possibile
La posta in gioco è massima, l’imperativo è vincere
E non far partecipare nessun altro
Nella logica del gioco la sola regola è esser scaltro
Niente scrupoli o rispetto verso i propri simili
Perché gli ultimi saranno gli ultimi se i primi sono irraggiungibili
Sono tanti, arroganti coi più deboli, zerbini coi potenti
Sono replicanti, sono tutti identici, guardali
Stanno dietro a maschere e non li puoi distinguere
Come lucertole s’arrampicano, e se poi perdon la coda la ricomprano
Fanno quel che vogliono si sappia in giro fanno
Spendono, spandono e sono quel che hanno
Sono intorno a me, ma non parlano con me
Sono come me, ma si sentono meglio
Sono intorno a me, ma non parlano con me
Sono come me, ma si sentono meglio
E come le supposte abitano in blisters full-optional
Con cani oltre i 120 decibels e nani manco fosse Disneyland
Vivon col timore di poter sembrare poveri
Quel che hanno ostentano, tutto il resto invidiano
Poi lo comprano, in costante escalation col vicino costruiscono
Parton dal pratino e vanno fino in cielo
Han più parabole sul tetto che S.Marco nel Vangelo
Sono quelli che di sabato lavano automobili
Che alla sera sfrecciano tra l’asfalto e i pargoli
Medi come i ceti cui appartengono
Terra-terra come i missili cui assomigliano
Tiratissimi, s’infarinano
S’alcolizzano e poi s’impastano su un albero – boom!
Nasi bianchi come Fruit of the Loom
Che diventano più rossi d’un livello di Doom
Sono intorno a me, ma non parlano con me
Sono come me, ma si sentono meglio
Sono intorno a me, ma non parlano con me
Sono come me, ma si sentono meglio
Ognun per sé, Dio per sé
Mani che si stringono tra i banchi delle chiese alla domenica
Mani ipocrite, mani che fan cose che non si raccontano
Altrimenti le altre mani chissà cosa pensano, si scandalizzano
Mani che poi firman petizioni per lo sgombero
Mani lisce come olio di ricino, mani che brandiscon manganelli
Che farciscono gioielli, che si alzano alle spalle dei fratelli
Quelli che la notte non si può girare più
Quelli che vanno a mignotte mentre i figli guardan la tv
Che fanno i boss, che compran Class
Che son sofisticati da chiamare i NAS, incubi di plastica
Che vorrebbero dar fuoco ad ogni zingara
Ma l’unica che accendono è quella che da loro l’elemosina ogni sera
Quando mi nascondo sulla faccia oscura della loro luna nera
Sono intorno a me, ma non parlano con me
Sono come me, ma si sentono meglio
Sono intorno a me, ma non parlano con me
Sono come me, ma si sentono meglio
Sono intorno a me, ma non parlano con me”
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