Cassino, anno domini 2021. Sono le 8 del mattino, gli amici vicentini sono già pronti alla mattinata turistica. Sorridenti mi attendono nel parcheggio dell’albergo. Dopo i saluti di rito ed un breve briefing sul ruolino di marcia ci smarchiamo anche dalle difficoltà logistiche dettate dalla pandemia.
Mi seguono con la loro auto. Un po’ di traffico ma nulla di che ed alcuni minuti dopo siamo davanti al “colosseo”. Mi accosto, faccio accostare loro, mi sincero che le auto non diano fastidio al transito delle altre e dopo la classica battuta “di dove sei? – …del colosseo – Ah quindi di Roma – no, no ‘r Cassin!” lascio ammirare lo spettacolo agli amici del nord. L’incipit è quello di una gita in amicizia, tra risate e nelle proprie auto, riprendiamo la marcia. Ignaro, proseguo la mia guida per quel che rimane del “teatro romano”.
L’anfiteatro romano
Seguo la stretta strada, sulla destra il K2, svolto a sinistra. Il parcheggio semivuoto lascia viaggiare l’occhio che si sofferma su di un secchio dell’immondizia ancora ricolmo, con attorno rifiuti di ogni genere sparsi. Segno anche di un trafugamento animale. Il cuore palpita, consapevole del fatto che durante l’incipit avevo decantato le nostre terre. Non mi perdo d’animo. Scruto lo specchietto retrovisore e noto che ho un leggero vantaggio. Accelero come se avessi voluto fare un 360° e parcheggio stile Stursky proprio davanti la pattumiera ricolma coprendola con l’auto. Di corsa scendo e vado incontro ad i miei amici turisti. Alcune nozioni storiche e l’incredulità degli stessi a vedere così tanto splendore chiuso al pubblico diventa palpabile!
La rocca Janula Experience
Riesco a distrarre i ragazzi, con un altro po’ di storia e raccontando qualcosa di quel “castello” …
Dopo esser passati per “i versi di Dante”, approcciamo alla prossima: la Rocca Janula Experience. Consapevole della gestione della cooperativa, la mia idea di esperienza basilare era intesa nel semplice passeggiare tra quelle mura, raccontare qualche aneddoto della mia infanzia per poi proseguire lungo le pendici del sacro monte.
Accelero, la macchina scorre, nei miei ricordi i rally mitici, quelli con la A112, le opel Ascona e Manta. Esco da una curva allegrotto, i miei 150 cv chiamano gas…eccolo: il primo tornante!
Ah già oggi sono di guida …ma turistica! Freccia a destra e parcheggio dinanzi al cancello all’apparenza immotivatamente chiuso della Rocca. Lascio lo spazio per l’auto dei miei amici viandanti che sorridenti scendono e subito si avvicinano al grosso cancello, bello che si nota che è “roba bona”, e li osservo mentre invano cercano di ammirare le antiche mura. Con un sorriso attraggo la loro attenzione raccontando storielle sul tiro al volo o su quei “filoni” un po’ stile libro cuore. Da lì a poco, neanche a farlo apposta, un’altra auto si parcheggia di fianco alle nostre. Un ragazzo scende baldanzoso, in verità un po’ assonnato, e tira fuori dalla tasca un corposo mazzo di chiavi.
Solo venerdì, sabato e domenica
Sorridendo mi avvicino, forte anche del fatto che forse era ancora presto, erano circa le 9e15, e gli chiedo: “ora che apri è possibile farci una passeggiata tra le mura?”, l’occhio stanco del giovane assonnato, non presagisce nulla di buono, e da li la risposta: “solo venerdì, sabato e domenica è possibile visitare la Rocca Janula”. Ammutolito ringrazio lo stesso e mi volto. Davanti a me un telo co su scritto “Rocca Janula Experience”, ed io tra me “un’esperienza intensa ma breve”.
Non demordo, ancora un sorriso e tutti in macchina. E mentre ci destreggiamo tra le macchine di altri turisti stranieri che incuriositi cercavano di capire se vi era la possibilità di visitare la rocca, tiriamo dritti verso la prossima sosta.
Il belvedere
Impossibile raccontare la storia della battaglia di Montecassino senza fare un preambolo su quelle che sono le caratteristiche di quel micidiale avamposto. Rallento, mi accosto, la macchina dei miei amici rallenta e si ferma. Con una ruota colpisce una bottiglia di birra che inizia a girare su sé stessa all’impazzata. Il mio amico scende velocemente quasi mortificato per raccogliere la bottiglia. Lo guardo e lui si guarda intorno, sotto il guardrail e sotto la scarpata una vera e propria discarica a cielo aperto. Il mio sorriso diventa a mezza a bocca, poi di punto in bianco esplodo: “ragazzi scusatemi veramente, sono davvero mortificato…per chi ama Cassino vedere queste cose equivale ad una umiliazione continua. Purtroppo, la cultura dei miei concittadini non rispecchia minimamente quella emanata dalla storia di queste terre!”.
Cassino: Aneddoti e storie
Dopo aver spiegato alcune nozioni sulla linea Gustav proseguiamo la gita verso l’obelisco ed il cimitero Polacco. Veniamo accolti dalla gentile signorina che ci lascia visitare gratuitamente il piccolo museo ed andiamo a vedere quell’infinità di croci bianche. Tante le storie, un pensiero al mio amico Taddeo, un reduce polacco a cui estorcevo aneddoti, ma soprattutto tante risate, e poi via su all’obelisco.
Pian piano ci trasciniamo verso quota 593 e nel mentre racconto storie di montagna, di guerra. Parliamo di ambiente, di animali, di fauna e flora. Il tempo passa veloce e raggiunta la vetta, scendendo alcune auto percorrono incuranti a velocità non proprio consona la vecchia strada che porta all’Albaneta, siamo nuovamente in marcia verso l’abbazia. Una volta lì lascio la famigliola esplorare la vecchia struttura.
La discesa
Sono le 11 passate, con la scusa di andarci a bere qualcosa di fresco, in auto riscendiamo a Cassino.
Passo per via Pinchera e faccio apprezzare i ruderi di Cassino Vecchia ridotti anch’essi a una discarica a cielo aperto, consapevole evito di fermarmi.
Via San Germano e poi via Di Biasio, sulla sinistra la Villa comunale, Noto nel laghetto alcune canoe. Faccio parcheggiare i ragazzi ed entro in villa. Ad accogliermi i miei amici di sempre. Persone con cui ho condiviso gran parte della mia vita. Nel mio cuore in quell’attimo quella serenità che si prova solo quando si torna a casa, quando davanti si hanno solo persone a cui non devi chiedere nulla per avere in cambio un abbraccio e un sorriso. Lascio il giovane Federico fare un giro in canoa in quel laghetto di Cassino che mi ha visto crescere e in poco tempo lo sconforto della visione di tutti quei rifiuti e l’angoscia per quello stato di abbandono percepito soprattutto dai miei compagni “di viaggio” lascia il posto a tutti quei sorrisi ed abbracci dei miei amici come se fossimo sempre stati lì insieme.
Uscendo, incontro Francesco, a cui lascio in “custodia” i ragazzi per un pranzetto volante con i fiocchi, ed una signora sorridente “dove li hai portati di bello questi signori?” ed io, “alla ricerca della vera Cassino! Quella fatta di amici, quella fatta di gente che parla e discute, di persone per bene che sanno dialogare, ma anche di quelle persone che hanno lottato e creduto in un ideale, ma soprattutto di quella vivacità che da sempre ci ha contraddistinto”.
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