“Sao ke kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti”.
Risalente al 960 d.C., è la più antica frase in volgare italiano di cui si abbia memoria storica. Pronunciata da alcuni abitanti della valle ai piedi del Sacro Monte, scritta tre secoli prima della Divina Commedia di Dante, è contenuta all’interno di un atto ufficiale, redatto per dirimere una controversia territoriale. La frase, studiata nelle scuole, è riportata nei Placiti Cassinesi, pergamene di cui, un’originale è custodito nell’Archivio storico dell’Abazia di Montecassino.
Patrimonio della lingua italiana
Un testo, patrimonio della lingua italiana, che non sarebbe mai giunto fino a noi se non fosse sopravvissuto alle diverse distruzioni del monastero benedettino, in particolare al bombardamento della seconda guerra mondiale. Se oggi siamo ancora in possesso delle radici della nostra lingua, lo dobbiamo aquegli uomini che in quei giorni cruenti, sul fronte della Linea Gustav, ebbero la lungimiranza di salvare l’immenso patrimonio letterario conservato nell’abazia di cui faceva parte anche il Placito Cassinese.
I protagonisti
Tre furono i principali protagonisti di quell’operazione di salvataggio: l’abate Gregorio Diamare (ricordato nella nostra città con una piazza a lui dedicata), il colonnello austriaco Julius Schlegel e il capitano medico Maximilian Becker. Quest’ultimo, rischiò di finire sul fronte russo per essersi opposto, eroicamente, a chi tentò di sottrarre opere al patrimonio che veniva posto in salvo. Un ruolo importante nella raccolta dei testi, nel dialogo con i tedeschi e nella narrazione di quegli avvenimenti, lo ebbero i monaci Eusebio Grossetti, Tommaso Leccisotti, Emanuele Munding, Agostino Saccomanno e Martino Matronola, allora segretario di Diamare e successivamente divenuto Abate di Montecassino.
Se questa è la valle dove vivevano quei villici che pronunciarono quella frase, se quel testo è ancora custodito su questo territorio, a ragione dovremmo considerarci con orgoglio la “Culla della lingua Italiana”. Agli uomini che ci hanno tramandato quel testo, salvandolo da sicura distruzione, dovremmo esprimere perenne gratitudine. Dimenticando le loro gesta, non riconosceremmo il valore storico di quel salvataggio che ci consegna alla memoria come la terra in cui nacque la lingua italiana.
Le proposte
Pertanto, propongo al Presidente e ai componenti alla commissione per la toponomastica di considerare tra le proposte, l’intitolazione di due vie cittadine rispettivamente al Colonnello Julius Schlegel e al Capitano medico Maximilian Becker.
Propongo di intitolare strade ai monaci Eusebio Grossetti, Tommaso Leccisotti, Emanuele Munding, Agostino Saccomanno e all’Abate Martino Matronola. Inoltre, per rendere tangibile che questo è il territorio dove è nata la lingua italiana, propongo l’intitolazione di una piazza o un largo ai Placiti Cassinesi.
Michele Giannì – Giornalista Sky TG24