Si parla tanto della cattiva sanità, anche degli episodi che segnano il panorama e le strutture locali. Ma ci sono anche pagine belle, da raccontare, da conoscere. E non bisogna dare sempre tutto per scontato, perché “Il medico deve fare quello, deve salvare, aiutare, curare”. A volte fare il medico è difficile perché si scontra con le mancanze, quelle del sistema, delle risorse, dei mezzi. E allora ci sono delle scelte da fare, coraggiose, che vanno oltre un semplice camice che si indossa e si lascia poi in un armadietto. A volte il camice è “cucito sull’anima”.
La testimonianza
Alcune settimane fa il futuro di un ragazzo è stato riscritto da un medico del Santa Scolastica, il dottor Fernando Cavacece che nonostante una serie di avvenimenti che sembrava avessero già decretato un epilogo negativo per l’adolescente, ha deciso di fare il tutto per tutto.
A raccontare quanto accaduto è Anna Maria la mamma del ragazzo, un ragazzo solare e sportivo, pieno di amici che in poche ore ha visto la sua vita messa a dura prova diverse volte. “Mio figlio viene da diverse esperienze di torsione del testicolo e dopo attente valutazioni, nei mesi scorsi insieme al medico che lo aveva in cura è stato deciso di procedere con un intervento chirurgico di legatura. L’intervento è stato eseguito a inizio estate e sarebbe dovuto essere definitivo. Tutto sembrava andare bene. Ma un sabato mattina di fine ottobre all’improvviso mio figlio mi ha detto di sentire dolore. Ho provato a capire di cosa si trattasse, magari un movimento sbagliato o una botta. Il dolore si è fatto in poche decine di minuti fortissimo, tanto che mio figlio ha iniziato a vomitare e poi a perdere i sensi. Non ci ho pensato due volte. L’ho caricato in macchina e portato in ospedale. Al Pronto soccorso del Santa Scolastica Gabriele (nome di fantasia ndr) è stato visitato ed è stata richiesta una consulenza specialistica. Erano le 12.30 ciraca e il medico aveva già finito il turno. Quando però il personale lo ha contattato il dottor Fernando Cavacece che era già in auto non ci ha pensato due volte ed è ritornato indietro. Lo ha visitato e ha confermato l’estrema gravità della situazione, era in corso una torsione e il testicolo stava andando in necrosi. Mio figlio stava per diventare, di fatto, sterile. Mentre si ipotizzava un trasferimento in una struttura di Roma dove poter eseguire l’intervento, il dottor Cavacece ha spiegato che non c’erano i tempi. Gabriele non aveva questa possibilità, l’intervento non poteva attendere di più e bisognava operare subito. Ma non essendoci reparto di Urologia al Santa Scolastica abbiamo avuto difficoltà a trovare la soluzione. Cavacece ha dato immediata disponibilità ad entrare in sala operatoria, ma serviva un secondo chirurgo, ed è stato lì che la burocrazia ha innalzato un muro alto, duro che sembrava invalicabile. Nessuno ci ha dato diponibilità. Non si poteva fare. Il tempo passava e io sapevo che quei minuti erano preziosi per il futuro di mio figlio. Quando è salito al piano il dottor Cavacece pronto a entrare in sala si è reso conto che la situazione si era fatta più complicata ed è stato proprio lui a contattare alcuni colleghi per chiedere un sostegno. A offrire questo aiuto è stato il dottor Trementozzi che però si trovava a Formia per un convegno. L’ho visto arrivare in giacca e cravatta in poche decine di minuti ed entrare in sala operatoria con Cavacece. Quello che i dottori si sono trovati di fronte è stato un caso rarissimo in cui la torsione del testicolo di mio figlio si è sviluppata non in orizzontale ma in verticale tirando via le suture del precedente intervento. Se fosse stato portato altrove non sarebbe stato assolutamente recuperabile. Ho atteso con il cuore in mano, mia figlia in lacrime e la mia ex suocera che Gabriele uscisse. Ma dopo l’intervento il problema che è nato è stato dove ricoverarlo perché nessun reparto sembrava poter andar bene. Anche di fronte a un ipotetico trasferimento in ambulanza gli operatori del 118, gentilissimi, hanno evidenziato che forse sarebbe stato meglio non causare ulteriore stress dopo l’intervento. Dopo essere rimasto per oltre tre ore in attesa, Gabriele è stato sistemato in Pronto soccorso dove abbiamo passato la notte. I medici sono stati disponibili, sul personale possiamo sorvolare. Ma mi rendo conto che il problema – se così possiamo definirlo – burocratico causato dall’intervento di mio figlio possa aver aperto un fallo nel sistema. C’è chi dice che Cavacece non abbia fatto niente di speciale, che ha fatto solo il suo mestiere. In realtà ha fatto di più, le regole, la burocrazia prevedevano che dopo la consulenza, che comunque ha fatto quando aveva già finito il turno, avrebbe dovuto, nonostante la gravità del caso, richiedere un trasferimento in altra struttura. Se lo avesse fatto sarebbe uscito dall’ospedale per raggiungere la famiglia e trascorrere un weekend come tanti. Lunedì sarebbe tornato al lavoro ambulatoriale senza pensieri, un giorno come tanti. Ma non lo ha fatto e non finirò mai di ringraziarlo per questa sua scelta, perché di fronte alla gravità della situazione, consapevole che un trasferimento avrebbe significato la sterilità per mio figlio, un ragazzo di soli sedici anni, ha lanciato il cuore oltre l’ostacolo entrando in sala operatoria. Mio figlio è stato dimesso il giorno dopo, ora sta bene, ha avuto una ripresa quasi miracolosa. Stiamo facendo tutti i controlli del caso, perché l’ischemia del testicolo potrebbe aver lasciato qualche danno e dobbiamo tenere monitorata la situazione. Avremmo potuto raccontare una storia diversa. Se oggi sono qui a ringraziare e continuo a respirare, vedo mio figlio sorridere e con un futuro ancora da costruire è solo perché un medico, un giovane professionista che aveva finito il suo turno ha deciso di tenere addosso il camice e di FARE il medico nonostante la burocrazia a volte rappresenti la peggior cura per i pazienti”.
La burocrazia, a volte la peggiore cura per i pazienti
Gabriele è tornato alla sua vita, alla sua passione per il calcio, alla scuola che frequenta a Cassino e ai pomeriggi con gli amici. Continua a discutere e a fare pace con la sorellina che non piange più in un corridoio d’ospedale aspettando di vedere sbucare il fratellone da una porta chiusa. Un giorno Gabriele potrà diventare padre e se questo è possibile è perché un medico un sabato a fine turno, quando era già in macchina, ha dato priorità alla vita di un giovane adolescente sconosciuto nonostante la burocrazia avrebbe detto e autorizzato a lasciare che il futuro di quel giovane restasse sconosciuto. Sicuramente sarebbe stato diverso però. Tutta un’altra storia.
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