Pochi sanno del naufragio del piroscafo norvegese Oria e degli oltre 4000 militari italiani che vi hanno perso la vita.
Quest’anno anche la nostra Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra sezione di Frosinone, promotrice dell’iniziativa con il CDSC, ha partecipato, domenica 9 febbraio alla commemorazione in memoria di circa 4000 italiani dispersi ad Oria di cui 107 della provincia di Frosinone. Una piccola delegazione della sezione provinciale Anvcg di Frosinone nella persona della dott.ssa Capuano Aurora e della dott.ssa Marika Cervelli insieme ai rappresentanti del comune di Cassino, San Vittore del Lazio,Coreno Ausonio,Esperia e Pignataro Interamna, Colfelice si sono recati a Capo Sounion (Grecia)per rendere omaggio ai propri concittadini che hanno perso la vita in quei territori. Presente anche il CDSC di Cassino nelle persone del prof. De Angelis Curtis e Di Giorgio. Toccante ed emozionante esperienza alla presenza di autorità estere ed italiane .Momento di elevato spessore per non dimenticare la Storia del nostro territorio e degli uomini che hanno sacrificato la loro vita per la nostra libertà, quei soldati, poco più che ventenni, si rifiutarono di aderire alla Repubblica di Salò, di riconoscere e riconoersi nel regime fascista, hanno sacrificato la loro vita per la nostra liberà.
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Storia
La nave di 2000 tonnellate, varata nel 1920, requisita dai tedeschi, salpò l’11 febbraio 1944 da Rodi alle 17,40 per il Pireo. A bordo più di 4000 prigionieri italiani che si erano rifiutati di aderire al nazismo o alla RSI dopo l’Armistizio dell’8 settembre 1943, 90 tedeschi di guardia o di passaggio e l’equipaggio norvegese.
L’indomani, 12 febbraio, colto da una tempesta, il piroscafo affondò presso Capo Sounion, a 25 miglia dalla destinazione finale, dopo essersi incagliato nei bassi fondali prospicienti l’isola di Patroklos.
I soccorsi, ostacolati dalle pessime condizioni meteo, consentirono di salvare solo 37 italiani, 6 tedeschi, un greco, 5 uomini dell’equipaggio, incluso il comandante Bearne Rasmussen e il primo ufficiale di macchina.
L’Oria era stipata all’inverosimile, aveva anche un carico di bidoni di olio minerale e gomme da camion oltre ai nostri soldati che dovevano essere trasferiti come forza lavoro nei lager del Terzo Reich.
Su quella carretta del mare, che all’inizio della guerra faceva rotta col Nord Africa, gli italiani in divisa che dissero no a Hitler e Mussolini vennero trattati peggio degli ignavi danteschi nella palude dello Stige: non erano prigionieri di guerra, di conseguenza senza i benefici della Convenzione di Ginevra e dell’assistenza della Croce Rossa. Allo stesso tempo, poi, il loro sacrificio fu ignorato per decenni anche in patria.
Nel 1955 il relitto fu smembrato dai palombari greci per recuperare il ferro, mentre i cadaveri di circa 250 naufraghi, trascinati sulla costa dal fortunale e sepolti in fosse comuni, furono traslati, in seguito, nei piccoli cimiteri dei paesi della costa pugliese e, successivamente, nel Sacrario dei caduti d’Oltremare di Bari. I resti di tutti gli altri sono ancora là sotto.
La tragedia si consumò in pochi minuti ed è stata ignorata per decenni. Eppure si sapeva per filo e per segno come fossero andate le cose.
All’indomani, nel silenzio spettrale della tragedia, i sette riuscirono a smontare il vetro dell’oblò,ma non ad uscire da quell’anfratto, perché il buco era troppo stretto.
I naufraghi rimasero due giorni e mezzo rinchiusi là dentro prima dell’arrivo dei soccorsi dal Pireo.
Sono passati 81 anni, ma è ancora doveroso conservare la memoria del naufragio con il più grande numero di vittime del Mediterraneo e ricordare lo straordinario spirito di umanità e solidarietà dei molti civili greci, come la signora Kalomira, che aiutarono i pochi superstiti e contribuirono al recupero e alla sepoltura dei caduti .
DISPERSI SI DIMENTICATI MAI….
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