Finita la campagna elettorale si può tornare tutti alle proprie attività. Tutti o quasi. Iniziati gli Europei in città si vedono più schermi e proiettori che in un multisala dei primi anni 2000. Ogni due metri si ha la possibilità di godere della visione degli atleti in campo. Va bene così, che importa se le immagini non arrivano a tutti contemporaneamente, per qualcuno si segna prima, per qualcuno dopo. L’importante è segnare, poco importa rovinare il momento gol a chi è seduto qualche metro più in là.
E poi, quelle benedette campane. Che suonano, suonano, suonano. Da anni la questione campane della chiesa di Sant’Antonio tiene banco, melodie a mezzogiorno, melodie alle otto di sera, melodie per i matrimoni. Per chi suonano queste campane? Ed è comprensibile che possano dare fastidio a parte dei residenti della zona, perché i rintocchi possenti arrivano fin dentro le case. Così, legittimamente, viene avviata una raccolta firme per stabilire il livello di fastidio delle campane. Perché il disturbo c’è.
Un po’ come la musica a bomba in serata. Se ne parla in centro, se ne parla da dietro le finestre, se ne parla nelle recensioni dei B&B che si trovano nel cuore della città. Musica fantastica per serate festose, tra dj set e cantanti dalle voci sopraffine, dove però si sovrappongono le canzoni e le note più differenti dal cantautorato italiano, ai classici ’70/’80/’90. Note avvolgenti, avvolgenti fino anche alle 2, le 3 del mattino, tutte insieme in pochi metri. Un concerto per orecchie esperte in grado di distinguere non solo le note, ma anche le parole della persona seduta accanto, semmai volesse comunicare. Pare strano che su queste melodie non parta, altrettanto legittimamente, una petizione per stabilirne l’impatto acustico.
E la ruota intanto gira, non quella panoramica. Quella è giusto che giri. Ma la ruota al Palazzo di piazza De Gasperi dove, incassato il jackpot, ora tocca fare “le parti”. Perché se tutti contribuiscono a una vittoria, tutti hanno diritto di essere presi in considerazione e di sedersi a tavola a festeggiare. Poco importa come e con che stoviglie, il menù è vasto e la fame è tanta perché la corsa è stata lunga. E tra chi è partito di toto giunta, di indiscrezioni certe, di interpretazioni che di super partes non hanno neanche la s finale, alla fine la palla resta in mano a una sola persona. L’unica che dovrà essere in grado di far quadrare i conti, di mettere in tavola piatti per tutti i commensali, di riuscire a saldare poi i conti e di andare in pari con la sua “voce interiore”. Tutto sperando di non fare cocci e cercando di non mandare in tilt lo chef con troppe “ordinazioni”.
Ed oggi che la città ha archiviato le elezioni, i comizi, la corsa alla preferenza, Sant’Antonio, i fuochi d’artificio e la processione, ci si prepara agli esami. Quelli di maturità. Ai mesi caldi. Alle scorribande in piscina e verso il mare.
A giugno l’inverno sembra così lontano, quasi da non esistere. Ma la ruota gira, e da un banco a fine maggio, chissà a quale banco ci si troverà seduti a settembre. Non solo per i maturandi.
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