Un pozzo che inghiotte la vita…di nuovo

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E mentre tutta Italia era concentrata a commentare gli outfit degli artisti di Sanremo, le scelte appariscenti di Orietta Berti in collegamento dalla crociera e l’eccessiva fluidità di genere che l’ha fatta da protagonista sul palco e nelle chat, poco distante un Paese è rimasto appeso a un filo per giorni.

Come Alfredino

Come successe con il piccolo Alfredino Rampi in Italia, tutto il Marocco ha pregato per Ryan. Aveva solo cinque anni quando, proprio come Alfredino, mentre giocava è scivolato in un tunnel, un pozzo scuro e stretto. Un luogo così vicino eppure così lontano dalla vita. Immediati i soccorsi al piccolo, forse anche memori di quanto accaduto in Italia decenni fa. Si è trovato il modo di stabilire un contatto con il bimbo di soli cinque anni, ossigeno, liquidi. Squadre di operai si sono messe a lavorare senza sosta per scavare un pozzo parallelo.

Ryan ce l’ha messa tutta

La sfida era davvero importante, si è fatto di tutto per portare fuori il piccolo. Cento ore, quasi cinque giorni durate i quali familiari, amici, popolazione si sono ritrovati a pregare. Che poi ognuno prega il suo Dio ma la preghiera accomuna tutti. Immaginare quelle terribili ore, quel buio, quella sensazione devastante di terrore che Ryan deve aver provato manderebbe al manicomio qualsiasi genitore, qualsiasi persona. E così i cantanti si alternavano sul palco dell’Ariston e gli operai si alternavano in quel luogo nel cuore del Marocco. Alla fine ci sono riusciti, il piccolo è stato tirato fuori. Proprio poco prima dell’inizio della serata finale di Sanremo, tutti felici, tutti sollevati. Ma Ryan ha lasciato molto di più di quello che si può immaginare in quel buco, Ryan ce l’ha messa tutta, voleva davvero tornare da mamma e papà, voleva tornare a correre e giocare, avrebbe raccontato di quel giorno in cui la terra lo aveva inghiottito per poi farlo rinascere.

Il dramma

Ryan non ce l’ha fatta, il grido di dolore della sua mamma e del suo papà hanno coperto qualsiasi melodia, suono, nota. Un grido forte e violento come un colpo al cuore, come una punta di freccia nel costato. Ryan ha fatto rivivere a molti italiani un dramma grandissimo, e molti genitori, qualche nonno, oggi ha stretto più forte a se il proprio pargolo. Lo ha guardato negli occhi, lo ha osservato assorto durante l’ennesimo capriccio. Perché non si sa mai la terra possa inghiottirlo e portarlo via per sempre, nel buio e nel freddo a pochi metri dalla famiglia, a pochi metri dalle braccia forti di un salvatore.

Ciao piccolo Ryan

E con Ryan siamo morti un po’ tutti noi, proprio come accade ogni volta che un bambino chiude gli occhi e noi ci sentiamo così impotenti, inutili e ci rendiamo conto che in fin dei conti che sia una canzone o l’altra, che sia eterosessuale o no, che sia una donna o un uomo con la gonna, nella vita ci sono cose molto più importanti. Ciao piccolo Ryan, oggi siamo tutti la tua mamma e il tuo papà.

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