Tralasciando le banali risposte come “Perché le persone non sono attente” oppure “perché le persone vanno a spasso invece di stare a casa” è possibile dare una risposta sensata a questa domanda partendo da saldi punti di riflessione che hanno fatto parte della nostra vita pre-covid senza che noi ce ne accorgessimo. Ogni anno ad ottobre, chi aveva più di una certa età era invitato a sottoporsi al vaccino antinfluenzale, per evitare di prendere l’influenza stagionale in modo grave. Infatti sono note ai più le frasi “quest’inverno ho preso l’influenza” oppure “a scuola gira l’influenza”; ecco ricordiamoci come era frequente ammalarsi o venire a sapere di qualcuno che si era ammalato di influenza stagionale.
Misurare la diffusione del covid
Come mai ci si ammalava così tanto? Questo “così tanto” come si “misura”? Volendo usare un parametro che oggi tutti abbiamo sentito almeno una volta, ovvero il valore R0 (erre con zero), ovvero quel parametro che indica quante persone è in grado di infettare una persona malata. Parlando di influenza questo valore R0 si aggirava attorno al valore 2; quindi una persona con l’influenza poteva infettare due persone sane (vedi foto).
Ed oggi? Oggi se il valore RT (che analizza il variare di R0 nel tempo oltre a prendere in considerazione altri parametri) supera il valore 1 scattano le procedure per attivare la zona arancione che ha lo scopo di limitare gli spostamenti.
Differenze tra le restrizioni anti covid
Come mai per l’influenza non si applicavano le restrizioni a cui siamo sottoposti oggi? Perché parliamo di un virus che ha effetti letali principalmente su due categorie di persone: immunodepressi e anziani; inoltre lascia segni indelebili principalmente nei polmoni di coloro che si ammalano di COVID. Fino a quando non erano disponibili i vaccini il COVID era classificato con il rischio massimo poiché:
“può causare malattie gravi in soggetti umani, può presentare un elevato rischio di propagazione nella comunità non sono disponibili, di norma, efficaci misure profilattiche o terapeutiche”
Ora che sono disponibili i vaccini la sua classificazione è scesa ma siccome i danni che può provocare sono comunque gravi, fino all’immunità di gregge la sua classificazione sarà sempre alta.
Mascherine: chirurgiche, FFP2 o addirittura pienofacciali?
Ovviamente non possiamo andare in giro o in ufficio vestiti come Dustin Hoffman in “Virus letale”, celebre film del 1995 nel quale l’epidemia di un virus, del quale non si aveva contezza e vaccino, si diffondeva in una tranquilla cittadina dello stato della California. Nonostante sia quasi contro la pubblica decenza indossare una maschera pienofacciale, è il caso di pensare seriamente a come il COVID si diffonde, i casi sono 2:
1 – Gocce di saliva o “drop”
Questo virus è risaputo che “viaggia” attraverso gli ormai famosi “drop” ovvero gocce di saliva che emettiamo quando parliamo; così come “il bravo attore ha la prima fila bagnata” (per via dei suoi drop), così chi parla rischia di inondare l’interlocutore delle sue goccioline di saliva che potrebbero essere potenzialmente infette. In altri casi queste potrebbero depositarsi sulle superfici, sulle quali il virus ha una vita media di circa 24 ore. Sono noti i casi di presenza del virus sui mezzi pubblici di Roma Capitale, rilevati attraverso lo strumento del tampone sulle superfici (ci chiediamo se sia il caso di fare questi controlli anche su quelli della nostra città, ahi noi già martire). Per questo tutti gli organismi di informazione sulla salute e le istituzioni raccomandano di lavare frequentemente le mani sopratutto dopo l’esposizione a superfici non controllate e di cui non conosciamo la pulizia.
2 – Aerodispersione
Il COVID non si trasmette purtroppo solo per contatto, ma anche per aerodispersione, infatti un articolo di LeMonde ripreso da LaRepubblica parla di uno studio effettuato questa estate che dimostra la capacità del virus di “agganciarsi” a piccolissime particelle di saliva che per quanto leggere vengono trasportate dall’aria. Ipotizzando che ci sia una persona senza mascherina positivo al COVID in un ambiente chiuso di 100 metri quadrati questo ambiente si riempirebbe di particelle infette nel giro di 30 minuto al massimo. Questa possibilità di contagio, avvalorata anche dall’OMS porta a considerare la necessità di mettere la mascherina non tanto per proteggere se stessi ma per non emettere particelle di saliva.
Quanto è grande il COVID?
Per capire quanto è grande una particella di COVID dobbiamo prendere come riferimento la capacità di essere filtrato dalle mascherine. Una mascherina chirurgica ha un reticolato filtrante grande 4 volte la dimensione di una particella di COVID, le mascherine FFP1, FFP2 hanno una capacità filtrante a partire dall’80% mentre le FFP3 del 99.99% mentre le FFP4 del 100%.
I contagi aumentano perché non usiamo la mascherina
Non indossare la mascherina è la cosa più imbecille che si possa fare tranne quando non è possibile garantire il distanziamento di almeno 2 metri tra le persone. In base a quanto abbiamo detto, è il caso di quindi di indossare sicuramente la mascherina chirurgica e quando si deve stare in un ambiente chiuso con altre persone è il caso di usare una FFP3, che è meglio!