L’ospedale di Cassino è da anni in balia di decisioni e imposizioni che arrivano da lontano, tagli e controtagli che lo hanno reso sempre più spoglio, vuoto, in difficoltà. Reparti ridotti all’osso e professionisti costretti a sostenere turni infiniti e spossanti. Un via vai di primari e strutturati che non restano più del tempo necessario a imparare i nomi dei collaboratori. Non è mai mancato un sorriso, un supporto ai pazienti, ma quando la coperta è corta è inevitabile che non riesca a scaldare tutto. Una struttura che sarebbe potuta e dovuta essere il fiore all’occhiello di un territorio vasto, ponte tra tre regioni combatte quotidianamente per offrire prestazioni adeguate. E neanche l’aiuto di Santa Scolastica, amata sorella di San Benedetto a cui l’ospedale è intitolato può far nulla. Essere medici in prima linea a Cassino non è facile.
Che Cas(s)ino
A tirare le somme sulla situazione è uno dei medici che in maniera più esemplare rappresentano la struttura, Arturo Gnesi. In un post dal titolo “CHE CAS(S)INO” racconta una storia, la sua di professionista, intrecciata con quella del territorio. Vi riportiamo interamente il post apparso sulla sua pagina facebook.
“Venti anni fa iniziai a lavorare a Cassino e dopo una breve parentesi al Pasquale del Prete e un anno alla Rianimazione dell’ospedale di Ravenna ho fatto ritorno in quello che doveva essere l’ospedale di riferimento di un’ampia area geografica. Al servizio della provincia di Caserta, del territorio molisano e della frange estrema del pontino oltre che del basso Lazio. Rispetto al progetto iniziale si sta procedendo solo in un’unica direzione, verso il “basso” verso una crisi gestionale che metterà in serio pericolo la continuità delle prestazioni assistenziali cui i cittadini, non solo di Cassino, hanno pienamente diritto.
Una scatola vuota
“ Per la sua storia recente, dinanzi alla città martire, tutti hanno mostrato riconoscenza e ammirazione ma un continuo gioco di strategie politiche ha sempre impedito alla città di fare il salto di qualità. I grandi timonieri locali e alcune esperienze politiche prestigiose non hanno impedito la marginalità di una città che conta università, tribunale, banca e abbazia. Una città sempre sul punto di cambiare passo ma che poi rimane prigioniera delle sue ambizioni e frustrata per le sue sconfitte. Il sogno proibito di diventare provincia, i grandi progetti infrastrutturali e di viabilità mai realizzati, poi il Tav che fila dritto e per ultimo l’ospedale che a secco di risorse e di personale diventerà sempre più una scatola vuota.
Sipario
“Peccato, pensavo di poter fare qualcosa di più per la mia terra, per quel popolo meridionale a cui sento di appartenere ma come Cristo si è fermato a Eboli, i discepoli di Ippocrate li dirottano nella zona nord della provincia. Questo deficit di rappresentanza e di visibilità politica toglierà al “basso” Lazio sia la qualità che l’intensità delle prestazioni sanitarie. Non sappiamo se a guadagnarci saranno i privati, di certo a perdere saranno tutti i comuni cittadini“.
Le luci lampeggianti dell’ambulanza si allontanano nel buio. Dissolvenza. Nero. Titoli di coda.
Special thanks a tutti i medici che nonostante tutto sono pronti a salvarci la vita.